La diocesi in pellegrinaggio a Roma sulle orme della speranza. Dopo l’udienza con papa Leone, il vescovo Antonazzo ha celebrato la Messa del pellegrino
Varcare Piazza San Pietro è come entrare in un abbraccio: quello della Chiesa universale, quello di Pietro, quello di Dio. Un’emozione che si fa pellegrinaggio, preghiera, appartenenza. Oggi, 18 giugno 2025, la diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo ha vissuto un momento di grazia collettiva e intensa: il pellegrinaggio giubilare a Roma, cuore della cattolicità, guidato dal vescovo Gerardo Antonazzo.
Un giorno atteso e preparato con cura per i 3500 fedeli provenienti da ogni angolo della diocesi. Famiglie, giovani, anziani, sacerdoti, sindaci: popolo di Dio in cammino, in comunione, dentro il tempo favorevole del Giubileo. L’appuntamento, nel cuore dell’Anno Santo, è stato anche una tappa importante del Cammino sinodale che la Chiesa italiana e quella diocesana stanno percorrendo: un segno concreto del desiderio di “camminare insieme nella speranza”, come più volte ricordato dallo stesso Antonazzo.
L’udienza con papa Leone XIV e il passaggio attraverso la Porta Santa della Basilica Vaticana hanno segnato i momenti simbolicamente più forti della giornata. In Piazza San Pietro, i pellegrini hanno ascoltato la parola del Pontefice e poi partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Antonazzo all’Altare della Confessione.
Attraversando la Porta Santa, molti fedeli hanno portato con sé intenzioni da affidare al Signore: ferite, progetti, speranze. Come popolo in uscita, la diocesi si è offerta in preghiera, ricevendo il dono della misericordia e del perdono.
Presso lo spazio sacro che si apre davanti l’altare maggiore della Basilica per lasciare scorgere dall’alto la sepoltura di San Pietro, monsignor Antonazzo ha delineato una teologia della speranza radicata nell’esperienza del pellegrinaggio e nella vita concreta di ogni credente.
«Sperare è da Dio, perché viene dallo Spirito», ha ricordato citando san Paolo. Ma il vescovo è andato oltre la teologia, invitando a incarnare questa speranza in una vita fatta di autenticità e dono. Ha chiesto ai fedeli di confessare il proprio amore per il Signore, anche se imperfetto: “Signore, tu sai che ti voglio bene”, ha fatto ripetere, con accenti che hanno toccato il cuore dei presenti.
La parte più intensa dell’omelia è stata una vibrante esortazione a diventare “seminatori di speranza attraverso una dilatata generosità del cuore”. «Chi crede spera, chi spera ama, chi ama si dona»: una sintesi potente del Vangelo vissuto. Monsignor Antonazzo ha citato papa Leone XIV, ricordando che “sprecarsi nel fare il bene non è sciupare la vita, ma arricchirla del prezioso capitale della speranza”. E ha aggiunto con forza: «Non dobbiamo avere paura di diventare spreconi del bene. Qualcuno lo accoglierà, Dio lo farà crescere». Spezzarsi e donarsi non impoverisce, ma libera; la speranza non è un’illusione, ma un cammino possibile solo nella gratuità.
Il vescovo non ha nascosto il grande avversario della speranza in questo cammino: l’ipocrisia. «L’ipocrisia – ha detto – fa morire la speranza perché impedisce ogni relazione significativa». Citando il Vangelo e sant’Agostino, ha ammonito contro il pericolo di vivere “indossando una maschera”, incapaci di verità e di relazioni autentiche.
Nel pomeriggio, il pellegrinaggio ha proseguito il suo itinerario alla Basilica di Santa Maria Maggiore, con un momento di silenzio presso la tomba di papa Francesco. Lì, nella discrezione della preghiera, la diocesi ha affidato al Signore le sue intenzioni, la sua missione, il proprio futuro.
La presenza dei sindaci della diocesi ha sottolineato che il pellegrinaggio è anche una testimonianza sociale: Chiesa e comunità civile, insieme, costruttrici di fraternità e dialogo.
Il pellegrinaggio a Roma è stato un ripartire da Pietro con un cuore nuovo. Non solo pellegrini di un giorno, ma seminatori di speranza sempre. Come ha scritto il vescovo Antonazzo nella “Preghiera del Pellegrino”, i fedeli sono stati chiamati a “rivestirsi del mantello della tenerezza” e “cingere i fianchi con la verità”. È questa la speranza che non delude: quella che nasce da Dio e si fa dono agli altri. Con la benedizione di Pietro nel cuore, la diocesi è tornata al suo cammino quotidiano.
Andrea Pantone
Foto: Nadia Farina