Cari amici,
il giubileo che stiamo celebrando si declina agevolmente con il vocabolario ecclesiale della sinodalità delle Chiese che sono in Italia. Non si gioisce se non insieme, e non si cammina da pellegrini senza l’evento di un incontro. Non si fa assapora la speranza se non camminando insieme, come i due discepoli di Emmaus (Lc 24). E’ così che il giubileo si fa danza della fraternità: “Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme! È come olio prezioso versato sul capo” (Sal 133,1-2). Se non si cammina insieme è come non partire.
Ho visto la Chiesa
Il Giubileo diocesano della speranza condiviso con circa 3500 pellegrini è stato un coro polifonico di fraternità: nomi, volti, voci, sguardi, abbracci, preghiera, sorrisi, gioia ‘allo stato puro’. Ho visto la Chiesa. Ho guardato il suo Volto: cordiale, semplice, confidenziale, bello, umile, gioioso, paziente, solidale. Negli occhi di questo popolo in cammino ho letto le molte attese, la sua generosità, il desiderio di restare uniti. La fraternità è ciò che davvero edifica il popolo di Dio, molto più della sola sinodalità studiata e programmata. Si cammina per sperare insieme, e insieme sognare ma anche costruire il futuro del nostro essere Chiesa. “Oggi in molti, troppi luoghi predomina l’indifferenza. L’indifferenza è una mentalità che tutto uniforma, tutto appiattisce. Come dice la parola stessa, elimina le differenze. È il modo in cui, a ben vedere, viene fraintesa oggi l’idea di felicità. Invece di considerarla un bene comune, qualcosa che si ottiene solo insieme agli altri, la si concepisce come un possesso privato” (A. Fabris). La speranza è nemica dell’indifferenza. Siamo chiamati a gettare ponti, come insiste a dire Papa Leone. Non è sempre facile. Lo abbiamo visto: è scomodo, inquietante, ma la fraternità è una delle parole fondanti della socializzazione della speranza … [ Continua a Leggere ]