LA RIVOLUZIONE DELLA SPERANZA
Omelia per la solennità di s. Restituta
Sora, 27 maggio 2025
Cari amici,
la prima lettura degli Atti (16,22-34) riferisce della collera popolare contro l’apostolo Paolo, la punizione fisica ordinata dai giudici, e la custodia nella cella più sicura della prigione. Nello svolgimento della sua missione apostolica, san Paolo sa di dover affrontare ogni prova e persecuzione. Riconosce di aver subito la flagellazione per ben tre volte nella sua vita (2Cor 11,25). Nel vangelo (Gv 16,5-11) Gesù annuncia la venuta dello Spirito Santo a sostegno dei discepoli, segnati dalla tristezza per l’addio del Maestro e dall’ostilità del mondo. Gesù prepara i discepoli a saper stare di fronte al mondo che si oppone all’opera del regno di Dio con accesa e ostinata incredulità. Gesù incoraggia i suoi a non cadere nella tristezza, nello sconforto o nella delusione. La fiducia del discepolo è affidata al giudizio che lo Spirito Santo eserciterà sull’ostilità del mondo, svelandone l’iniquità e il disastroso fallimento.
Il martirio profuma di Pasqua
Dentro questo orizzonte luminoso della Parola di Dio rileggiamo il significato e la preziosità del martirio come perfetta e totale adesione alla Pasqua del Signore: “Nel martire si trovano i lineamenti del perfetto discepolo, che ha imitato Cristo nel rinnegare sé stesso e prendere la propria croce e, trasformato dalla sua carità, ha mostrato a tutti la potenza salvifica della sua Croce” (Papa Francesco, 14 novembre 2024). Vissuto nella prospettiva della sequela di Cristo, il martirio si colloca tra la virtù della fede e la virtù della speranza: il martirio, infatti, si radica nella grazia della fede battesimale e si corrobora della speranza nella felicità eterna. Papa Francesco ne parla nella Bolla di indizione del Giubileo: “La testimonianza più convincente di tale speranza ci viene offerta dai martiri, che, saldi nella fede in Cristo risorto, hanno saputo rinunciare alla vita stessa di quaggiù pur di non tradire il loro Signore. Essi sono presenti in tutte le epoche e sono numerosi, forse più che mai, ai nostri giorni, quali confessori della vita che non conosce fine. Abbiamo bisogno di custodire la loro testimonianza per rendere feconda la nostra speranza” (n. 20). La testimonianza del ritrovamento di una rosa, fiorita accanto ai resti mortali di Santa Restituta, rimanda alla diffusione del profumo di Cristo di cui il martirio è espressione sublime: “Dio, il quale sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita” (2Cor 2,14-16). La fede battesimale, segnata dall’unzione crismale, chiede anzitutto di profumare del buon odore di Cristo con tutta la nostra persona, con l’intera nostra esistenza e col nostro modo di stare al mondo senza essere del mondo: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Gv 15, 19). Si tratta, in fondo, di lasciarci impregnare del profumo della conoscenza della verità e della bellezza di Cristo. Un profumo che si espande nella coerente testimonianza di Cristo, per attirare a Lui anche oggi quanti sono alla ricerca della Verità.
Il martirio profuma di profezia e di speranza
Il profumo che emana dal martirio si compone di due elementi: profezia e speranza. Profezia, perché annuncio di cieli nuovi e terra nuova; speranza, perché camminare è come abitare sotto una tenda. Il discepolo vive la sua vita ordinaria da pellegrino della speranza, anelando alla patria futura. L’esempio di Abramo è così interpretato dalla Lettera agli Ebrei: “Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso” (Eb 11,9-10). Il discepolo impara a vivere nella sobrietà, cercando ciò che è essenziale, facendo della povertà evangelica il carico leggero che rende più spedito il suo cammino, ben consapevole che “la nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo” (Fil 3,20). Martirio è soffrire la nostalgia di Dio, il desiderio struggente di incontrare il volto del Signore: “L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal 42,3). Scrive S. Agostino: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (S. Agostino, Confessioni, I,1,1). Pertanto, il martirio di sangue di S. Restituta è profezia della nostalgia dell’incontro con Dio, quando nella vera patria del cielo vivremo della vita piena e della felicità eterna. “Se manca la base religiosa e la speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in maniera assai grave, come si constata spesso al giorno d’oggi, e gli enigmi della vita e della morte, della colpa e del dolore rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione” (Vaticano II, Gaudium et spes, n. 21). Sant’Agostino scrive ancora: “Quando mi sarò unito a te con tutto me stesso, non esisterà per me dolore e pena dovunque. Sarà vera vita la mia vita, tutta piena di te” (Confessioni, X, 28). Ricordiamo ancora le parole dell’Apostolo: “Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (cfr. Rm 8,38-39). Per questo, “abbiamo bisogno di una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore, così da poter dire, già ora: “Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi” (Bolla Giubileo, n. 21).
Il martirio profuma di perdono
Il martirio si dispone all’esecuzione dell’iniqua condanna, quasi gli va incontro, non ritarda né recalcitra, non reclama vendetta, ma il suo agire ultimo profuma di tenerezza. Nel cuore e nel pensiero di santa Restituta mai un sentimento di odio verso i suoi aguzzini e uccisori. Nei racconti del suo martirio si riconosce il riverbero del perdono di Gesù sulla croce: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,33). Nel testo della prima lettura (At 16,22-34) l’evento di un terremoto, mentre Paolo pregava con altri cristiani in catene e in carcere, causò l’apertura delle celle e la caduta delle catene di tutti. Mentre il carceriere stava per uccidersi vedendo liberi i prigionieri che gli erano stati affidati, Paolo gli gridò di non farsi del male perché i prigionieri non sarebbero fuggiti dal carcere. Invece di vendicarsi del carceriere e metterlo in condizioni di essere punito dai comandanti, lo perdonano e lo custodiscono da ogni pericolo. Il carceriere cadde ai piedi di Paolo per chiedere la salvezza, ricevendo il battesimo in quella stessa notte. Molto spesso il sacrificio dei martiri si è consumato nel segno del perdono dei nemici, non di rado con la loro conversione, oppure con il rifiuto di procedere all’esecuzione della pena capitale del condannato. Chi impara a vivere per il Signore, sa anche morire per il Signore e come il Signore: cioè nel segno del perdono, sacrificando la propria vita per la conversione dei nemici.
+ Gerardo Antonazzo
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