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Festa patronale di Sant’Antonio a Cassino

Festa di popolo, festa di comunità, largamente partecipata

 

Da giorni, entrando nella chiesa parrocchiale di S. Antonio da Padova in Cassino, si era colpiti dall’addobbo preparato in vista della festa patronale: al di là dell’altare, su uno sfondo bianco immacolato e accompagnato lateralmente da perfetti e simmetrici panneggi di drappi gialli, si stagliava la figura di Sant’Antonio, il Santo tanto amato e onorato da tutta la comunità. È la statua, non grande, per rappresentare l’uomo umile e mite che era, e perciò piena di significato e particolarmente cara al cuore, che anni fa fu portata a Roma e che Papa Francesco benedisse. Normalmente collocata nella sua cappellina laterale sempre adorna e ben tenuta, nei tredici giorni che precedono la festa, la statua viene esposta in grande onore, trovando sempre nuove modalità. Sono i giorni del Santo, la tradizionale Tredicina, che inizia il 31 maggio e viene vissuta con pienezza e solennità: ogni giorno si inizia con la recita del Rosario, si prosegue con la S. Messa e si chiude con il Canto del Si Quaeris e le preghiere antoniane. Ogni sera la chiesa è colma di devoti del Santo. Negli ultimi tre giorni, quelli del Triduo, è intervenuto quest’anno come predicatore padre Adriano Pannozzo del Santuario della Madonna dei Lattani, per aiutare tutti a conoscere meglio e a riflettere sulla spiritualità di Sant’Antonio.

Il 13 giugno, giorno della Festa, al mattino è stata celebrata una Messa ogni ora, ogni volta con la distribuzione del pane benedetto. A sera, solenne Eucarestia presieduta dal Vescovo diocesano Gerardo Antonazzo, una tradizione ormai consolidata e davvero molto partecipata. Tutto era stato preparato alla perfezione, le sedie in più per aumentare i posti a sedere, il pane benedetto per la distribuzione, la raccolta in un apposito contenitore (colmo!) delle preghiere dei singoli fedeli che volessero rivolgersi direttamente al Santo per chiedere una grazia o esprimere i desideri del proprio cuore: i fogli messi a disposizione dei fedeli sarebbero stati bruciati con l’incenso proprio il giorno della festa. Era stata esposta anche la preziosa Reliquia del Santo per offrirla alla venerazione dei presenti.

La chiesa si è riempita, ancora una volta, all’inverosimile e intanto la Banda Don Bosco Città di Cassino, diretta dal M° Marcello Bruni era pronta sulla piazza ed ha cominciato a suonare in onore di S. Antonio. Al suo arrivo, il Vescovo Gerardo è stato accolto e accompagnato dal parroco Don Benedetto Minchella insieme a don Francesco e a Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme, anch’essi presenti. Il Coro parrocchiale, diretto da Daniela Martone era pronto. La numerosa banda Don Bosco è entrata ordinatamente in chiesa, si è schierata a semicerchio davanti all’altare ed ha suonato, sotto la direzione del Maestro Marcello, l’Inno di S. Antonio, poi ordinatamente è uscita.

Ed ha preso il via la Celebrazione eucaristica, presenti le autorità cittadine con il Sindaco Salera, ma anche gruppi parrocchiali e associazioni, come il Gruppo di preghiera “Maria Regina della Pace”. Il Vescovo, contento di ritrovarsi anche quest’anno in questa circostanza, ha affermato che una festa religiosa non si improvvisa, è un lungo percorso che rende le persone pronte. Il giovane Antonio fu affascinato dalla figura di Gesù, il Messia annunziato dal profeta Isaia come uomo di Dio pieno di grazia, inviato dal Padre per compiere le antiche promesse. Antonio voleva diventare simile a lui: ha colto questa grande idea quando era ancora ragazzo. È una conversione spirituale venuta da lontano, una scelta di vita quella di essere missionari per portare a tutti l’annuncio di Gesù. Questo ha colpito Antonio: farsi missionario. È stato predicatore per portare alla gente l’annuncio di Gesù. Per prima cosa è diventato missionario nel cuore, cercando di uscire da sé stesso per liberare il cuore. Poi il suo sguardo, come quello del Buon Samaritano, ha imparato a guardare il volto degli altri, gli occhi, e a riconoscere i loro bisogni. La sua è stata missionarietà della speranza, non ha “scelto” i poveri, li ha accolti. Perciò è diventato anche taumaturgo: camminando da pellegrino di speranza si arriva a fare miracoli: è già vita eterna, speranza compiuta, il compimento di quel desiderio sentito da ragazzo. Il Vescovo ha poi ricordato che è concessa dalla Chiesa anche nelle feste patronali l’indulgenza plenaria, alle solite condizioni poste dalla Chiesa.

Al termine della Messa, i portatori hanno preparato la statua per la processione e, tra la commozione generale, si è snodato il corteo, uscendo dalla chiesa per percorrere le strade del centro-città, in cui si trova la parrocchia, strade piene di bancarelle e di gente secondo la tradizione popolare. Ma la processione con la statua e la reliquia ha compiuto il suo cammino di speranza tra preghiere, canti e brani musicali eseguiti dalla Banda Don Bosco, trovando in alcuni rioni delle soste predisposte dai residenti con decorazioni e allestimenti di fiori, nastri, palloncini colorati e anche con fuochi d’artificio, per mostrare il proprio affetto e la propria fiducia in Sant’Antonio. Infine, la processione è ritornata davanti alla chiesa, dove ha sostato per ammirare il bellissimo spettacolo pirotecnico “Incendio del campanile”, che ha segnato la fine dei festeggiamenti del Santo Patrono, unitamente alla musica. Infatti non è mancata la festa civile, come nelle due sere precedenti: dopo il Lisciomix e i Figli delle Stelle, la serata finale è stata allietata dai Diesis. La tradizione è stata rispettata, il popolo è rimasto contento per aver sollevato il suo animo, migliorato la sua preghiera e la sua fede e ritrovato in queste espressioni secolari di fede qualcosa di molto profondo, che segna l’identità, la coscienza, la fraternità e la comunanza.

È vero, sì, una festa religiosa non si improvvisa, è un percorso lungo ed è un percorso di comunità, che avvicina le persone di tutte le età, le fa collaborare, le rende più mature e più felici, perché più capaci di comprendersi e aiutarsi a vicenda.

Adriana Letta