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Omelie Vescovo Gerardo Antonazzo

Amor vincit omnia – Omelia per la conclusione dell’anno scolastico (Cattedrale, 16 maggio 2022)

OMNIA VINCIT AMOR

Omelia per la conclusione anno scolastico
Sora-Chiesa Cattedrale, 16 maggio 2022

Carissimi Dirigenti, Insegnanti, Collaboratori scolastici,

ringrazio per la vostra partecipazione alla celebrazione di lode e gratitudine al Signore nel tempo liturgico della letizia pasquale, mentre vi avviate alla conclusione dell’anno scolastico. L’auspicio è che tutto questo coincida anche con il superamento della grave emergenza sanitaria che tanto ha condizionato l’opera educativa della scuola, penalizzando la serenità degli alunni e sottoponendo a inevitabile stress il corpo docente. Mi tornano in mente le amare parole di un’insegnante, riportate in uno studio pubblicato in questi giorni: “Ogni mattina, quando varco la porta della classe, ho un obiettivo primario: che i miei studenti restino vivi fino al termine della lezione”. Probabilmente anche gli alunni avranno il medesimo obiettivo primario nei riguardi dei loro insegnanti!

La pandemia ha avuto un impatto pesantissimo sulla scuola e sulle famiglie. Ora occorre aumentare e massimizzare le risorse di ogni genere per rendere le scuole più inclusive e farle diventare centri pulsanti nel territorio. In particolare, la cosiddetta “povertà educativa” è una emergenza che soprattutto a seguito della pandemia rischia di travolgere sempre più la scuola e le stesse famiglie. La scuola è un grandissimo laboratorio dove i ragazzi imparano a muoversi e a diventare grandi, insieme. Per tanti studenti forse è solo un “male necessario” ma è anche l’unico luogo dove si impara a stare insieme agli altri. Non c’è alternativa. Per gli insegnanti, la scuola è un osservatorio privilegiato che ci permette di seguire passo dopo passo la crescita dei vostri studenti. Pochi giorni fa il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha dichiarato: “Le scuole sono determinanti per la coesione delle comunità. Ogni quartiere, ogni scuola hanno la propria identità che si alimentano a vicenda: una scuola aperta e inclusiva contribuisce al benessere della città e le istituzioni si devono alleare per favorire modelli di sviluppo e di relazioni sul territorio Siamo al lavoro quindi per dare una funzione specifica e particolare a ogni scuola nel suo territorio con lo scopo di arrivare a una scuola veramente aperta, inclusiva e affettuosa”.

L’ultimo aggettivo, “affettuosa”, permette di entrare con immediatezza nella pagina del vangelo odierno. La pericope proclamata (Gv 14,21-26) fa parte di una catechesi molto articolata che Gesù rivolge agli apostoli nel Cenacolo. Le parole seguono il clamoroso gesto della lavanda dei piedi ai discepoli. Dopo il segno del servizio Gesù fa seguire parole di “addio”: è la consegna del testamento spirituale del Maestro ai discepoli. Ci ritroviamo nel Cenacolo come in un’aula scolastica: le parole che Gesù pronuncia costruiscono la lezione del giorno. Nel rapporto con i suoi “alunni” si delinea l’identikit del vero educatore: Gesù educa ad una relazione positiva di reciprocità segnata dall’amore attraverso ciò che insegna. E’ come dire: non si può amare senza insegnare nulla, e non si può insegnare nulla senza amare. Tale relazione educativa è possibile costruirla su questi elementi costitutivi, inseparabili, e intrinsecamente necessari per un “patto educativo” dinamico, efficiente ed efficace. Gesù afferma: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama … Chi non mi ama non osserva le mie parole”. Gesù coniuga la trasmissione dei contenuti con una relazione affettuosa, nel segno della reciprocità: “Chi mi ama … anch’io lo amerò”. Dunque, nella prospettiva di una relazione educativa trasmettere i contenuti attraverso le nostre parole è un atto necessario ma insufficiente. Ma anche un presunto affetto per gli alunni senza la trasmissione di insegnamenti autentici per la mente e per la vita è illusorio e non edifica. Sarebbe un amore “sgrammaticato”, senza regole, privo di parole che educhino alla crescita della propria vita e al prendersi cura di sé e del proprio futuro. Insegnare è amare la vita di altri, ma è anche insegnare ad altri ad amare la propria vita, a prendersi cura del proprio futuro. Questo processo del nostro istruire per amore e amare per poter istruire è molto faticoso. Lo è stato anche per il Maestro, il quale deve fare i conti subito con il primo caso di “dispersione scolastica”: Giuda abbandona il Cenacolo. Facciamo i conti con difficoltà di ogni genere, ostacoli, scoraggiamenti, fino alla rassegnazione. Insegnare è fare i conti innanzitutto con la nostra capacità di amare e di farsi amare. Omnia amor vincit et nos cedamus amori” lo ritroviamo nell’opera, X, 69, dove Virgilio fa pronunciare queste parole è Gaio Cornelio Gallo dopo una delusione d’amore. Con questa frase egli vuole rimarcare che l’amore è più forte di tutto e gli uomini non possono che sottomettersi alla sua forza. A leggerla così potrebbe apparire banale e semplice ma in realtà si tratta di una grande verità. L’amore infatti ha una potenza unica, sia quello per una persona che quello che fa andare avanti il mondo ed è per questo che riveste un’importanza assoluta. Anche Dante è consapevole che l’Amore, motore di tutte le cose, sta ormai muovendo anche il suo desiderio e la sua volontà. Si tratta di un’esperienza di totale comunione, di immedesimazione totale con la Verità, con la Bellezza, con la consapevolezza che Dio è amore e l’amore è la chiave di tutto il mistero della vita e dell’universo: “…ma già volgeva il mio disio e ‘l velle / sì come rota ch’igualmente è mossa / l’amor che move il sole e l’altre stelle” è l’ultimo verso del Paradiso e della Divina Commedia (Paradiso, XXXIII, v. 145).

Continuando nell’ascolto del vangelo, il Signore arricchisce ancora di più il suo discorso. Consola i discepoli con una grande promessa perché imparino ad abitare la possibilità di comprendere la “lezione” impartita dal Maestro: “Il Paraclito …vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto”. “Paraclito” si traduce con il latino ad-vocatus: è infatti il nostro difensore. Potremmo immaginarlo come il vero “insegnante di sostegno” per gli insegnanti. Il verbo usato “insegnerà” è il termine didàsko, da cui “didattica”. Lo Spirito Santo rafforza il nostro impegno di amare e di istruire. Lo fa soprattutto favorendo la funzione della “memoria”. La memoria è il motore del nostro presente, perché custodisce le ragioni delle nostre scelte iniziali. Gesù dice: Vi ricorderà…, cioè rende consapevoli dell’esempio e dell’insegnamento di Gesù-Maestro, delle sue parole e istruzioni, delle sue promesse. Ma aiuterà ognuno a fare memoria anche delle motivazioni iniziali, dei pensieri della prima ora, agli albori del nostro servizio scolastico, carico di ottime motivazioni e spinte gioiose ed entusiaste nel servizio educativo nell’ambiente scolastico. Non perdere mai la memoria di tutto questo aiuta a guarire da ogni affaticamento e cattiva rassegnazione. Lo Spirito Santo è il Maestro interiore che insegna ravvivando la memoria delle belle e ricche ragioni della nostra scelta educativa di insegnanti.

 

                                                                                  + Gerardo Antonazzo