Serata conclusiva del Convegno diocesano

Con la relazione di Don Michele Falabretti si è svolta la terza serata, dedicata alla fede e ai giovani

La terza serata del Convegno Pastorale Diocesano, il 18 giugno, sempre nella Sala Giovenale di Aquino, ha completato il quadro tracciato dall’inizio, offrendo molti spunti di riflessione e di confronto. Come ha detto il Vescovo, Mons. Gerardo Antonazzo nell’introdurre i lavori: dopo aver parlato dei giovani nella famiglia e del discernimento, si è parlato della fede, partendo da una visione a più ampio raggio, per poter poi vedere come calare nel concreto della realtà diocesana le idee e le proposte emerse. A presentare l’illustre relatore è stata la coppia Giampaolo Pontone e Simona Sarra, che hanno delineato la figura e l’opera di Don Michele Falabretti, Responsabile del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile.

Prendendo la parola, Falabretti ha ripercorso il periodo da quando lui è diventato Sacerdote, circa 25 anni fa, portando esempi ed episodi concreti. Noi adulti, ha detto, continuiamo a pensare alle nuove generazioni come dei “senza Dio”, facciamo fatica a vivere una vita religiosa che accolga tutti, fatica a “fare casa”, per cui chi sta fuori resta escluso. Papa Francesco non ha indetto il Sinodo dei giovani “per riportare i giovani in chiesa” (così in una tv gli avevano posto la domanda). I dati ci dicono che il 91% dei bambini italiani vengono battezzati e alta è anche la percentuale di quelli che ricevono i Sacramenti della Prima Comunione e della Cresima, come pure dei funerali in chiesa, segno che la stragrande maggioranza della popolazione per i momenti fondamentali della vita – la nascita e la morte – chiede il segno religioso, ma non è che l’80% delle persone vada a Messa.

Ciò vuol dire che ci si limita a “consegnare” la fede con i sacramenti, ma non c’è “vita di fede”. Vita di fede, ha sottolineato, non è andare a Messa (la pratica religiosa è solo un primo passo di vita cristiana), ma è fare scelte ogni giorno secondo il Vangelo, essere illuminati dal Vangelo nella nostra coscienza. Ci sono parole e gesti che devono ridire le parole di Gesù. Dal di fuori si vedono le grosse contraddizioni tra ciò che predichiamo e la nostra vita.

La questione giovanile riguarda tutti. L’attuale crisi non è la più grave. Dopo la guerra l’Italia era nella miseria, ma c’era un mondo di adulti “in missione”, che lavoravano perché i loro figli non dovessero provare le sofferenze toccate a loro e tutti i giovani pensavano di avere un futuro migliore dei loro genitori e di trovare un posto nel mondo. Oggi il problema è che gli adulti non si sentono in missione, anzi invidiano i giovani e mentre 20 anni fa i più esposti erano gli anziani, ora sono i giovani, come certifica il Rapporto Caritas 2017. Oggi c’è la “sindrome del principe Carlo”, che a 70 anni non ha fatto ancora niente perché la mamma non si sposta. In un mondo così effimero come entra il discorso religioso?

C’è bisogno, ha rimarcato con forza il relatore, di stabilire un asse serio tra adulti e giovani, anzi Papa Francesco dice tra nonni e giovani. Bisogna man mano imparare tutte le cose della vita e così pure della fede. La prima esperienza di Dio è l’esperienza di cura ricevuta fin da piccoli. Voler bene significa ascoltare, prendere sul serio, non lasciare soli i ragazzi: è nella cura nei loro confronti, nei legami e negli affetti, che imparano l’alfabeto delle relazioni e che noi possiamo far loro sentire Dio.

I giovani oggi vedono la Chiesa come una istituzione esterna. La speranza per noi nasce dalla consapevolezza che il Vangelo ha la magia, la forza di far sentire la vita che può dare; anche dopo un nostro allontanamento, quando lo lasciamo di nuovo agire in noi, riattiva subito la vita cristiana e la vedi, la respiri, vedi le persone che hanno un altro atteggiamento verso la vita. I ragazzi ci guardano e non sono disposti a vivere una religione di pratiche, solo l’apertura di chi ti è accanto mostra che c’è Qualcuno più alto, mostra il mistero e la bellezza di Dio. I legami che diventano sacri, le relazioni più profonde, questo parla di Dio. In fondo, ha osservato Falabretti, i bambini e gli adolescenti sognano le persone adulte che si vogliono bene. La fede è legame, testimonianza, restituzione. Non c’è fede, testimonianza di fede senza la croce come testimonianza di vita, questo è il cuore della fede. Restituire agli altri il bene gratuitamente ricevuto è trovare vita. Se i ragazzi non sentono questo slancio, la fede non passa.

In ultimo, Don Michele Falabretti ha parlato della recente ricerca fatta dall’Università Cattolica sui giovani, che dimostra che non è vero che i giovani non hanno fede. Questi i punti principali: per i giovani essere buoni cristiani nella vita è più importante della Messa domenicale; il sacro non è solo in chiesa, ma anche nella quotidianità; desiderano educatori che siano “compagni di viaggio”, che sappiano ascoltare, capire e talvolta farsi da parte, perché l’educazione è importante ma non deve essere imposta dall’alto; non escludono l’aldilà ma è qui e ora che desiderano qualcosa di buono; cercano la bellezza della fede; criticano il modo di predicare, perché l’importante non è trovare le parole giuste, ma avere nel cuore e consegnare la parola nella verità.

Dunque, ha concluso, il problema dei cristiani è non solo consegnare la fede, ma generare una vita di fede, rendere le persone capaci di essere uomini. Il sigillo della creazione è in tutti, anche nel cuore dei più giovani. Bisogna ascoltarli e credere che anche loro potranno fare qualcosa di buono, coltivare questa speranza, riconoscerla e incoraggiarla.

Molto ricco, interessante e coinvolgente il discorso di Don Falabretti, ascoltato da una platea numerosa e attenta, tanto che poi, dopo un canto del Coro parrocchiale S. Antonino Martire di Pico, diretto da Giuseppina Renzi, che ha animato i momenti di preghiera, varie sono state le domande dal pubblico, a cui il relatore ha risposto con la sua coerenza, chiarezza e profondità.

Il Convegno ha fatto vivere ai convenuti tre serate intense, trasmesse in diretta streaming sulla WebTv diocesana grazie alla Pastorale Digitale e al regista Francesco Marra, serate in cui alle famiglie con bambini è stato offerto l’intrattenimento dei piccoli. Il Convegno è terminato, ma piuttosto bisogna dire che ora comincia a lavorare, nei cuori e nelle menti dei singoli e delle comunità, per poter essere messo in atto nel prossimo anno sociale. Con l’augurio che negli Operatori pastorali, nelle famiglie e nei giovani possa splendere quella “magia” del Vangelo in azione che fa nuove tutte le cose.

Adriana Letta

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