RICCARDO PETRICCA, Pastorale digitale 2.0, Roma, Albatros, 2015, 220, 14,90.

Recensione su La Civiltà Cattolica numero 3980 di sabato 9 aprile 2016

Quando si apre un libro, non si sa che cosa aspettarsi. Questo, però, porta un titolo a suo modo eloquente: ci s’immagina che si tratti del programma pastorale di una qualche diocesi, rinfocolato da novità via web. Vedremo.

Poi si comincia a leggere e ci si ritrova in tutt’altro mondo. Un ingegnere che parla di sé, dei suoi trascorsi giovanili in Azione Cattolica, del graduale allontanarsi, del desiderio di trovare qualcosa che riempisse un vuoto attraverso il frenetico avvicendarsi di attività: ballo latino, equitazione, rafting, paracadute e altri sport estremi. Oltre a un lavoro impegnativo in una società ingegneristica, che lo porta in giro per l’Italia.

Per farla breve, è un percorso tortuoso che un bel giorno porta Petricca a ritrovarsi nei pasticci e mezzo accecato, durante un’immersione subacquea, sul fondo di un lago. E a trovare aiuto in un luccichio che si rivelerà il braccio di un grande crocifisso metallico che presidia il fondale di quel bacino d’acqua (il lago di Posta Fibreno, in provincia di Frosinone).

Ci sono stati e ci saranno altri episodi. Forse il più impressionante è quello della ragazza — in apparenza sconosciuta — incontrata ballando, una notte, e che a un certo punto gli rinfaccia di avere tradito le sue speranze, molti anni prima, quand’era una ragazzina e durante una gita estiva lo aveva sentito parlare di cristianesimo con un tono che le aveva toccato il cuore: «Avevi promesso di venire a trovarci, non sei venuto e nel mio paese non c’era nessuno ad aiutarmi».

Misteri della fede che l’A. ha sperimentato e vuole mostrare perché sia chiaro che cosa anima quella «pastorale digitale» che, sfruttando i social network, sta crescendo da qualche tempo nella diocesi (da poco unificata), che comprende Sora, Cassino, Aquino e Pontecorvo, nel basso Lazio. E c’è da essergli grati della confidenza personale, perché — oltre a incorniciare l’attività che dà il titolo al volume — conferisce un calore di verità e di fede che non s’incontra tanto spesso.

A proposito di scene equoree, pare di vedere un piccolo Giona fuggitivo che il Signore s’incarica di recuperare a modo suo. E il sentimento che prevale nella lettura è di gratitudine al pensiero che siamo, tutti, in buone mani: finanche malgrado noi stessi.

Agli episodi spartiacque segue un riavvicinamento — curiosamente, vari amici dei vecchi tempi si fanno vivi proprio allora, chiedendogli interventi nella pastorale —, poi una inattesa partecipazione da accompagnatore di ragazzi alla Giornata mondiale della gioventù con Papa Francesco, e poi la nomina a presidente parrocchiale a San Bartolomeo, nella città di Sora.

E in diocesi, con la spinta dell’A., che applica le proprie competenze professionali e umane, nascono attività di informazione e di relazioni legate a Facebook, a Twitter, al nuovo portale web, alla web tv.

Il volume ospita a questo punto una coralità di voci e di eventi dei quali non è possibile dare conto in dettaglio. Senz’altro buone iniziative, dove s’incontrano persone piene di zelo e altre che capitano lì e man mano si riscaldano. Una dinamica che della rete digitale prende gli aspetti più umani, per esempio la triade «mi piace-commenta-condividi» che, vista su Facebook, può lasciare freddini, ma che applicata a una comunità che vuole trasmettere il Vangelo acquista un carattere amicale e apostolico.

Come ha detto il vescovo diocesano, lo scopo di iniziative come questa non è soltanto di entrare in rete, bensì soprattutto in comunione. Oltre a numerosi consigli «tecnici» e sociali sul come fare ad animare la «pastorale digitale», oltre agli esempi concreti di comunicazione e di socializzazione, questo libro — con il suo linguaggio irruento e a volte fluviale, talvolta quasi senza a capo — mostra l’unico ingrediente immancabile: la vicinanza al Maestro che continua a chiedere di gettare la rete.

Giuseppe Romano

Categorie: Recensioni,Tutte Le Notizie

Tags: ,,,