Non tre tende, ma adorazione in Spirito e Verità

II Domenica di Quaresima, Anno A

Nella seconda Domenica di Quaresima ci viene presentato il quadro tematico della Trasfigurazione, tratto dal Vangelo di Matteo. La Trasfigurazione, che tutti i Vangeli sinottici riportano, è un punto centrale del cammino Quaresima.

Gesù volle mostrare ai suoi discepoli, mentre era in cammino verso Gerusalemme, la realtà nascosta della sua umanità, la speranza eterna che si cela dietro la croce, la verità profonda della sua sequela che non si conclude con la disfatta ma con la beatitudine escatologica.

Per i discepoli fu un colpo, uno stordimento, uno sbalordimento senza spiegazione assistere allo spettacolo della Trasfigurazione. E’ come quando avviene un’apparizione straordinaria di Gesù o della Madonna ai nostri tempi. Nessuno inizialmente ci vuol credere perché l’apparizione esce del tutto fuori dei canoni piattamente mondani dell’interpretazione della realtà di cui sono affetti anche non pochi cristiani. Non sembra che Dio si debba immischiare nelle cose del mondo, non è di sua competenza. Perché sconvolgere la vita degli uomini che stanno così bene senza di Lui?

Ma Dio ci ama così tanto che nonostante non vogliamo piegarci alla verità della sua esistenza e della sua azione del mondo egli ci dimostra lo stesso che tutto questo è vero. E’ sul suo modo di pensare e di agire che dobbiamo sintonizzarci e non dobbiamo diminuirlo ed esautorarlo adattandolo alle nostre basse esigenze mondane!

Così i discepoli seguirono Gesù su un alto monte forse pensando, come era successo in altre occasioni, di ritirarsi e di riposarsi un po’ con Lui (Cf. Mc 6, 31). Ma Gesù aveva altri obiettivi. Come si direbbe oggi con una “terapia d’urto” voleva iniziare i discepoli alla realtà escatologica e soprannaturale che li attendeva e che sarebbe dovuta diventare il senso ultimo di tutta la loro vita e delle loro azioni. Così, senza avvertimento, senza preparare prima i suoi seguaci più intimi, Pietro, Giacomo e Giovanni, si trasfigurò davanti a loro.

Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Anche le apparenze fisiche e fenomenologiche si piegano al mistero. Un volto non brilla solitamente come il sole, divenendo cioè luminosissimo, e tutto il corpo (le sue vesti) non partecipa solitamente di una tale luce. Fu come il miracolo di Fatima in cui sembrava che il sole, dopo varie fluttuazioni assolutamente inspiegabili e fuori delle leggi della natura, si mettesse a cadere sulla terra, spaventando tutti gli astanti, per poi ritornare tranquillamente al suo posto di prima, rendendo asciutti tutti coloro che si erano bagnati per la pioggia, altra cosa assolutamente inspiegabile a mente umana.

Il Signore vorrebbe aprire uno spiraglio di possibilità alla sua grazia dentro la nostra mente ottusa e rimpicciolita dalle apparenze sensibili ma facilmente siamo più portati a dar ragione alla superbia della nostra mente che alla grandezza di Dio.

I discepoli intanto, atterriti da quello spettacolo, cadono a terra sgomenti: è troppo grande la potenza della grazia nei confronti di chi non vi ha mai fatto caso nella sua vita. Non prima però di aver visto un altro meraviglioso spettacolo (Cf. Es 3, 3): Mosè ed Elia, che conversavano con Lui.

La presenza di questi due santi profeti nell’aere misterioso della Trasfigurazione è un segno costantemente interpretato dalla Tradizione cristiana per confermare la missione di Gesù ed il pieno compimento della sua opera rispetto ai fatti narrati dalle Scritture dell’Antico Testamento.

Gesù è stato annunciato sia da Mosè, per quanto riguarda l’Esodo pasquale, sia da Elia che fu elevato in alto su di un carro di fuoco (Cf. 2Re 2, 11), anticipando così il glorioso evento dell’Ascensione al cielo e della Regalità Universale di Gesù. Ma i discepoli non comprendono lì per lì neppure questo duplice segno grandioso. Mosè ed Elia sono solo due personaggi da onorare il più possibile insieme a Gesù, magari costruendo tre tende.

C’è da notare che l’espressione di Pietro, facciamo tre tende, non è fuori dal contesto biblico. Anche i santi Patriarchi del passato avevano eretto tende cioè luoghi di culto in onore di Jhavè (Cf. Gen 12, 8; 26, 25; 35, 21; Es 29, 44).

Solo che questo atteggiamento ancora legato al passato di Israele alla ricerca di una terra e di una discendenza, è considerato superato dal Signore Gesù il quale ha detto: E’ giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre (Gv 4, 21). Gesù vuole un altro tipo di culto che non è più quello della tenda, ma quello in spirito e verità. Vuole quindi un culto diverso, fondato su un tempio non fatto di mani d’uomo ma sul Suo Corpo e Sangue, vero ed eterno tempio di Dio: Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue, entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna (Eb 9, 11-12).

Ciò che ci chiede oggi il Signore è solo di abbandonarci a Lui: Questi è il Figlio mio, l’amato, in Lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo.

di P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P.Pio

 

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