Intervista a Rino Troiani

  1. Raccontaci di te.. come ti chiami, quanti anni hai, dove vivi, che lavoro fai, i tuoi hobby

Mi chiamo Rino Troiani, ho l’eta’ che ho (e’ un argomento dibattuto!), vivo a Sora, esercito la professione di avvocato, sono sposato, ho due figli ed ho molti interessi: la musica su tutti (sono diplomato in pianoforte al Conservatorio), l’animazione di gruppi giovanili, la storia per dirne alcuni.

  1. Qual è il tuo ruolo in diocesi

Sono responsabile diocesano di Pastorale Giovanile e membro del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici.

  1. Da quanti anni rivesti questo incarico

 

Mi occupo  di Pastorale Giovanile dal 1996. Sono responsabile diocesano da x anni (meglio non dire…)

 

  1. Quali le difficoltà più grandi che hai incontrato durante questo periodo e come le hai superate?

Le difficolta’ di chi si occupa di Pastorale Giovanile secondo me sono legate solo alla frustrazione di non riuscire a far capire l’importanza della dimensione diocesana, quella che va oltre la singola realta’ locale. Per il resto ritengo che la soddisfazione superi ogni difficolta’.

  1. Cosa pensi dell’unione delle diocesi, cosa hai provato al momento dell’annuncio.

Ho pensato che fosse un’opportunita’ per tutti: possiamo fare grandi cose.

  1. Che prospettive si aprono oggi alla luce dell’unità pastorale

Innanzitutto possiamo metterci alla prova: piuttosto che perderci in categorie di pensiero tipo “noi/loro”, possiamo dimostrare che siamo una Chiesa senza confini. Viceversa non vedo un grande futuro ne’ per “noi” ne’ per “loro”. Il senso profondo del Cristianesimo e’ nella comunione intesa sia in termini sacramentali che in termini sostanziali. Divisi si perde, in comunione si vince. E’ piuttosto semplice e lineare come concetto.

  1. Quali possono esserne i pregi e i difetti, punti di forza e di debolezza, inizia ora un cammino di scoperta, di conoscenza, la bellezza di incontrare nuovi volti…

Io penso che siano sempre le persone a fare la differenza piuttosto che i sistemi. Al di la’ di ogni retorica, i “volti nuovi” (di entrambe le parti) debbono essere volti amichevoli e disponibili: i pregi diventeranno risorse, i difetti saranno sopportati, i punti di forza saranno utilizzati e quelli di debolezza limitati.

  1. Le trasformazioni in seno alla famiglia stanno prendendo sempre più piede nella nostra società moderna. Cosa pensi di questi cambiamenti, alla luce delle decisioni del Sinodo straordinario sulla famiglia da poco concluso?

Penso che le cosiddetta trasformazioni non siano dettate dalla natura, ma che siano (mi pare ovvio) frutto del mero contesto culturale. In questo senso, credo che stiamo assistendo solo ad un fenomeno di comunicazione/condizionamento di massa che pero’ e’ ben lungi dal riuscire a toccare il cuore dell’esigenza primaria dell’uomo: essere amato incondizionatamente e per sempre. Credo che la Chiesa non debba dimenticare la sua dimensione gia’ millenaria, ma comunque eterna: l’uomo a volte ha bisogno di essere guidato piuttosto che assecondato.

  1. Come vedi, aldilà della paura del diverso, la possibilità di vedere in futuro la pacifica convivenza di religioni ed etnie differenti? Una sorta di melting pot (un “crogiuolo di razze”) in cui può perdersi l’identità cristiana?

L’identita’ cristiana e’ il fondamento della civilta’ occidentale che ora propone il “melting pot”: se il desiderio di convivenza e’ fondato sul rispetto e sulla cura reciproca, e’ l’applicazione pratica dei principi evangelici e dunque nulla queastio; se invece e’ il tentativo di strumentalizzare il messaggio evangelico al fine di proporne una visione fuorviante tesa addirittura ad un superamento, allora non bisogna cadere nella trappola: e’ necessario chiedere ed ottenere rispetto, anche mediante una testimonianza e presenza piu’ forte e decisa.

 

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