Esperia: storia della chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore e San Filippo Neri

Tra leggenda e storia

La Chiesa Santa Maria Maggiore e San Filippo Neri è sorta intorno al 1200 ed è situata nella parte iniziale del centro storico di Esperia, una volta chiamato Roccaguglielma.

La struttura odierna dell’edificio ecclesiastico non rispecchia la Chiesa originale, in quanto nel corso dei secoli si sono susseguiti una serie di rimaneggiamenti che ne hanno modificato l’aspetto e le dimensioni. Infatti inizialmente si presentava a forma di croce greca, mentre oggi la sua forma è di croce latina.

I lavori di ristrutturazione iniziarono nella prima metà del ‘400 ad opera di A. Spinelli, come risulta dalla lapide posta in Piazza Guglielmo.

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Lapide del 1452 posta sulla facciata nord di S. Maria Maggiore.

JANTE D. A. SPINELLO A. D. MCCCCLII D. O.

QUICQUID IN HOC TEMPLO TOTA HEC TESTUDO GUB NAT

QINQUAGINTA DUOS DOMINI DUM VOLVERET ANNOS

CINTIUS AD LAUDEM STRUXERUNT VIRGINIS ALME

PARTENOPEM E ROMA PETIT TUNC INDUPERATOR

SUCIPIT HIC REGIOS ILLIC DUADEMA TRIUMPHOS

 

Della lapide, che andrebbe studiata in modo più

approfondito, si riporta la seguente traduzione:

 

“L’anno del Signore 1452 a Dio Ottimo

col concorso del Signor Antonello Spinelli, tutto

ciò che la copertura di questo tempio contiene e

protegge, volgendo l’anno del Signore millequattrocentocinquantadue,

venne assai presto portato

a compimento a gloria dell’Alma Vergine, quando

l’Imperatore da Roma venne a Napoli, e ricevette

colà la corona e qui regi trionfi”.

Durante il Pontificato di Giulio II (1503-1513)  la chiesa fu insignita del titolo di concattedrale; titolo confermato in seguito da papa Leone X (1513-1521).

Durante i lavori di ristrutturazione si demolì anche il lussuoso mausoleo, ubicato nei pressi della cappella del SS. Sacramento, che Fabrizio Spinelli aveva fatto erigere per la madre Sveva Spinelli.

Nel 1654 un violento terremoto procurò gravi danni sia al paese che alla chiesa stessa, per cui furono previsti altri lavori di restauro. In seguitofu inviata a Roma una richiesta per l’aggiunta del titolo di San Filippo Neri a quello già esistente di Santa Maria Maggiore, autorizzazione ottenuta il 05 febbraio del 1677. Questo titolo fu voluto dall’arciprete Don Alessio Crispino e dai fratelli Don Francesco e Don Giuseppe Crispino, in quanto si raccontava che San Filippo Neri soleva fermarsi spesso ad Esperia durante i suoi pellegrinaggi da Montecassino a Gaeta.

Dal 1732 al 1750 furono realizzati cospicui lavori di ampliamento e restauro ad opera dell’arciprete Don Pietro Piacentini che diedero alla chiesa un aspetto barocco; in particolare furono rifatti l’abside, il presbiterio, il coro con gli scranni in noce,la sagrestia e fu allungata la navata di circa sette metri verso l’attuale ingresso. Suddetti lavori vennero eseguiti dall’architetto Domenico Simonetti di Pastena. A seguito di queste modifiche la chiesa si presentava con un interno lungo m 35 circa e largo m 8,50; articolato su un impianto a croce latina con transetto lungo m 14,80 circa e largo m 6,10 circa.

L’abside ed il transetto risultavano rialzati rispetto alla navata,alla quale si scendeva con alcuni scalini in pietra calcarea con forme caratteristiche dell’epoca barocca.

Da diverse testimonianze si evince che sotto il transetto si sviluppavano degli ambienti utilizzati come sepolture.

In questo stesso periodo fu rifatto anche il campanile composto da quattro campane. Il campanone venne fuso in loco con diversi materiali. Il suo suono armonioso allieta a tutt’oggi i giorni di festa della comunità. Anche il campanone porta il nome di Clino, mentre l’altra campana di rilievo quello di Susanna. Il campanone reca in basso le immagini di Sant’Antonio, dell’Immacolata, di San Clino e del SS. Sacramento ed in alto la legenda:

LAUDO DEUM VERUM-PLEBEM VOCO-CONGREGO CLERUM-DEFUNCTOS PLORO-CALAMITATEM FUGO-FESTA DECORO”

Nel 1914, a cura del parroco Don Alberto Terilli, venne installato in fondo alla chiesa un magnifico organo.

Nel 1931 lo stesso parroco provvide a rinnovare l’intero pavimento con un altro di tipo veneziano e furono decorate ex novo sia le pareti che le cappelle.

Durante la seconda guerra mondiale la chiesa fu notevolmente danneggiata e per diverso tempo si dovette officiare nella cappella Lauretana. Solo dopo alcuni anni iniziarono i lavori di restauro che diedero un aspetto più moderno alla struttura.

Il nuovo parroco Don Salvatore Di Costanzo fece sostituire il vecchio organo, facendo costruire anche un nuovo accesso.

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Da una visione frontale dell’interno della chiesa si possono osservare diversecappelle e i vari altari. La prima a destra è dedicata a San Giuseppe, mentre la seconda al SS. Sacramento. In questa cappella è collocata latomba di suor Rosa di Gesù.

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Tomba di suor Rosa di Gesù

 La prima cappella sul lato sinistro è dedicata alla Vergine del Rosario diPompei, mentre la seconda al Crocifisso.

Frontale e rialzato si può ammirare l’altare maggiore dominato da una considerevole pala raffigurante la Pentecoste del 1599, con importante cornice dorata, opera dipinta da Taddeo Zuccari e posta sull’altare nel 1853. Prima di questa data il dipinto era conservato nella chiesa di Santo Spirito o Santa Caterina.

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Pala della Pentecoste

Sotto l’altare maggiore si conservano i resti di San Clino abate, fatta eccezione del teschio custodito a Cluny in Francia.

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Reliquiario di S. Clino

 

I due altari ai lati del presbiterio, rimasti vuoti durante la guerra in quanto furono trafugati i due preziosi dipinti in essi riposti, ospitano oggi due statue: la statua lignea di San Clino abate, le cui sembianze riprenderebbero, secondola tradizione locale, il volto del patriota Clino Roselli, donata da quest’ultimo alla fine del 1700 e una riproduzione del S. Francesco di L. della Robbia.

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  1. CLINO ABATE

 

Ai lati dell’altare maggiore in posizione più retrocessa vi erano due busti in marmo donati dai fratelli Crispino e raffiguranti S. Filippo Neri e S. Carlo Borromeo, ora non più presenti in questa chiesa in quanto rubati diversi anni fa.

Rivolgendo lo sguardo in alto dal presbiterio, si possono ammirare tre vetrate colorate raffiguranti la Beata Anna Maria Taigi, il patrono San Clino Abate e la Santa Famiglia.

La sagrestia ospita un bassorilievo di marmo della Vergine col Bambino, realizzato dal maestro Nicola Da Pastena nel 1521 e una lastra in pietra incisa.

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Bassorilievo della Vergine col Bambino

Nella parte esterna la chiesa si presenta di fattura semplice, si notano diversi materiali di epoca medievale e moderna. Meritano considerazione sia la cella campanaria con l’orologio posti nella facciata frontale che le antiche finestre ad arco acuto, visibili in parte e risalenti al XIV secolo, sostituite nel XVIII secolo con quelle ad arco a tutto sesto.

Nel 1953 morì il parroco Don Salvatore Di Costanzo e da allora la chiesa è gestita dai Padri trinitari.

Durante la reggenza dei Padri trinitari sono stati realizzati altri lavori che hanno migliorato l’efficienza della chiesa stessa: sala parrocchiale, impianto di riscaldamento, altare, ambone e altro, fino all’ultima opera risalente a luglio 2017 riguardante l’installazione del portale di bronzo.

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LEGGENDA DEL CROCIFISSO

Un’antica leggenda narra che nell’anno 1732, per poter procedere ai lavori di restauro, la chiesa venne ripulita di tutto, persino di un vecchio crocifisso, che per praticità fu riposto in un vecchio e buio sottotetto.

Terminati i lavori, la chiesa fu riaperta al culto, ma nessuno notò la mancanza del vecchio crocifisso.

Un giorno un mendicante dopo aver girato per le strade del paese chiedendo l’elemosina, entrò nella chiesa ed una volta all’interno la girò in lungo e in largo osservando attentamente e soffermandosi su tutte le immagini pittoriche. Suonò mezzogiorno e il sagrestano, il signor Erasmo, chiese al mendicante di lasciare il luogo sacro e di tornare verso le tre del pomeriggio all’orario di apertura.

Il mendicante, anziché rispondere all’invito del sagrestano, se ne uscì con la seguente frase:

”E’  proprio una bella chiesa, peccato che manchi un crocifisso”.

Erasmo non diede peso alle parole del mendicante e lo invitò di nuovo ad uscire.

Faceva molto caldo, era tempo di mietitura ed il sole a quell’ora picchiava forte. Il mendicante, molto stanco, chiese al sagrestano di rimanere in quel luogo fresco e con tanta pace almeno sino alla riapertura.

Il buon sagrestano pensò che non poteva far male a nessuno lasciare quell’uomo chiuso in chiesa e così fece, avendo però l’accortezza di girare e rigirare il catenaccio dall’esterno.

Più tardi, dopo aver mangiato, si ricordò di quel mendicante chiuso in quella grande chiesa, allora decise, anche se non erano ancora le tre pomeridiane, di andare ad aprire. Girò la chiave, aprì il portone ed entrò in chiesa. Pensò di trovare il mendicante sdraiato in un cantuccio a riposare, ma girandodiqua e di là si avvide che non vi era traccia alcuna di quel pover’uomo; sembrava scomparso nonostante la porta ben chiusa fino al suo arrivo. E allora dove era finito il vecchio?

Erasmo tornò sui suoi passi, si diresse verso l’altare e rimase meravigliato nel vedere un crocifisso di legno meraviglioso e dai colori vivaci disteso sul pavimento.

Immediatamente la sua mente percepì che era successo qualcosa di grande durante la sua assenza e cadde stravolto in ginocchio, si fece più volte il segno della croce e poi, preso da una violenta emozione, corse fuori, per le strade del paese gridando al miracolo.

 Il crocifisso fu sollevato da terra e collocato nello spazio migliore sopra l’altare. Migliaia e migliaia di pellegrini vennero ad inginocchiarsi di fronte al crocifisso e a tutti Erasmo raccontò la storia del mendicante.

La storia passò di casa in casa, di paese in paese, di città in città e ognuno cercò di immaginare il viso dello strano mendicante, un viso che molti identificarono con Gesù”.

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Iginia Palombo, Amelia Di Dea, Margherita Paliotta

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