Cassino, Pontificale di Natale

Nel giorno di Natale, alle ore 11.30 nella Chiesa Madre di Cassino solenne Pontificale del Vescovo diocesano Mons. Gerardo Antonazzo. A concelebrare con lui, il Parroco Don Salvatore Papiro e a servire all’altare il diacono Don Marcello Di Camillo, aiutato da uno stuolo di ministranti, mentre il Coro parrocchiale, diretto dal M° Lucido, animava egregiamente la liturgia, alla presenza di molti fedeli che riempivano la chiesa.

Rifacendosi alle letture liturgiche che celebravano la grande notizia del Natale, la salvezza e le meraviglie operate dal Signore perché, con la nascita di Gesù, “una splendida luce è discesa sulla terra” e Dio si è reso accessibile agli uomini, il Vescovo Gerardo ha fatto notare la concretezza dell’amore di Dio, che prima nessuno mai aveva visto, ma che in Gesù si è fatto vedere, sentire, toccare; il Dio invisibile è diventato il Dio incarnato. Infatti gli Apostoli dicono “ciò che abbiamo udito, visto e toccato”. Dio che aveva toccato l’uomo nell’atto della creazione traendolo dal fango, cioè segnato dalla fragilità, ora si lascia lui toccare dall’uomo, facendosi creatura, bambino, si lascia da noi udire, vedere e toccare. Allora la fede deve essere una fede concreta, capace di vedere, sentire, toccare. I testi della liturgia ci presentano il Cristo incarnato e ci permettono di toccare la sua umanità, e attraverso questo la nostra fede diventa concreta. Siamo noi in grado di poter dire: “ho visto Gesù, ho toccato il Verbo della vita, e lo posso annunciare a tutti”? A volte, ha detto, noi abbiamo una fede molto astratta, dottrinaria, teorica, che non coinvolge la vita e allora noi rischiamo di imporre a Dio un movimento opposto a quello che lui ha voluto per noi. Mentre lui da Dio invisibile ha voluto rendersi visibile, concretamente presente nella persona di un bambino, noi tendiamo a vivere il movimento di processo opposto: passare dalla concretezza di Dio all’astrazione e questo non è lecito, non è legittimo. E’ una fede che non serve, non cambia la vita, non ci dà speranza, non è incarnata nella nostra vita quotidiana. Dio si dona a noi concretamente, Maria parla con un bambino, non con un’idea, una dottrina, un catechismo, un libro scritto. Bisogna vivere la concretezza dell’incontro con il Signore, ha affermato.

E, nel concludere, ha citato le parole che recentemente, nell’imminenza del “Natale come festa della fede“, Papa Francesco ha rivolto alla Curia romana: “il Natale ci ricorda che una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima è una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge è una fede che deve essere sconvolta. In realtà, una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede, che potrebbe realizzarsi quando arriverà a coinvolgere il cuore, l’anima, lo spirito e tutto il nostro essere, quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore, quando permettiamo alla stella di Betlemme di guidarci verso il luogo dove giace il Figlio di Dio, non tra i re e il lusso, ma tra i poveri e gli umili“.

Al termine della celebrazione Don Salvatore, a nome suo e dell’intera comunità parrocchiale, ha ringraziato il Vescovo e formulato gli auguri di Natale, prontamente ricambiati dal Vescovo, che alla fine si è fermato a salutare tutte le persone che si avvicinavano a lui.

Adriana Letta

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