Aborto e Scomunica: cosa cambia dopo la Lettera Apostolica di Papa Francesco

Ancora una volta il Codice di Diritto Canonico viene chiamato in causa. E dalla prime reazioni, assistiamo ad un florilegio di interpretazioni, spesso in  contraddizione tra di loro. Questi i fatti. A Giubileo appena terminato,  Papa Francesco con la lettera apostolica “Misericordia et Misera” stabilisce alcuni punti importanti circa l’assoluzione relativa al reato di aborto.

Misericordia et Misera sono le due parole che Sant’Agostino utilizza per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera: «Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia», espressione dell’amore di Dio quando viene incontro al peccatore.

Il Codice di Diritto Canonico prevede infatti al canone 1398 :” Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae.”

La pena, in questo caso,  la scomunica,  viene inflitta automaticamente  per il solo fatto di aver commesso il delitto, così come stabilito dal canone  1314 del Codice stesso. Questo è il punto che ha suscitato maggiori dubbi e perplessità.

Si ricordi che il Codice di Diritto Canonico annovera la scomunica tra le cosiddette pene medicinali, ovvero quelle pene che hanno come scopo principale l’emendamento del reo, da utilizzare proprio come una medicina, quando ci si trova di fronte ad  un ammalato che deve guarire. Il reo, ammalato, deve essere aiutato a ritornare sulla retta via.

Sul punto, il Santo Padre, non si è espresso, per cui tale canone rimane in vigore, non viene depenalizzato,  fino a quando e se,  non interverrà una decisione contraria.

L’aborto  rappresenta un delitto particolarmente grave  che costituisce  un peccato  grave. Ricordiamo che nel Diritto Canonico non tutti i peccati sono delitti,  come invece per  questo caso.

Ora, il Codice di Diritto Canonico prevede la possibilità di cancellare la scomunica per i peccati più gravi, come anche quello di aborto. Infatti, il canone 1357 statuisce che il confessore possa rimettere in foro interno sacramentale la censura latae sententiae , fino al momento in cui il Superiore competente provveda.

In pratica,  se una donna si rivolge al confessore e si pente in maniera profonda per ciò che ha commesso, proponendosi di non cadere più nella stessa colpa, il sacerdote può cancellare la scomunica e permetterle di riaccostarsi ai sacramenti, tutto ciò in vista del principio supremo che pervade tutte le norme del Codice di Diritto Canonico, ovvero quello della salus animarum,  la salvezza delle anime.

In concreto, prima della lettera apostolica “Misericordia et Misera”, se il sacerdote verificava che per il penitente il fatto di rimanere lontano dai sacramenti era dal punto di vista spirituale troppo gravoso, poteva rimettere la pena, di cui abbiamo parlato poc’anzi, concedendo l’accesso ai sacramenti, e attendere l’intervento del Vescovo a cui spettava l’assoluzione.

Durante il Giubileo, Papa Francesco aveva concesso tale facoltà a tutti i sacerdoti, come segno della Misericordia infinita di Dio. Alla luce della Lettera Apostolica, ed è questa la novità introdotta dal Santo Padre, la facoltà di cui al canone 1357, ovvero l’assoluzione per quanto concerne l’aborto, viene ora di fatto, estesa ai sacerdoti.

Pertanto, con l’assoluzione, come detto, viene meno la scomunica latae sententiae,fermo restando, come ha ribadito anche l’arcivescovo Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e come indicato nella stessa Lettera Apostolica al n. 12,  che tale peccato rimane  grave, ma se le persone incorse sotto il reato di aborto si sono realmente pentite, non possono trovare nessun ostacolo per ottenere il perdono di Dio.

Annalisa Mazzeo

-canonista- docente di Istituzioni di Diritto Canonico presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Mater Ecclesiae”  Pontificia Università San Tommaso D’Aquino, di Roma.

 

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