Presentazione di Pastorale Digitale 2.0 – Intervento di Fortunato Ammendolia

L’Animatore della Comunicazione e della Cultura nella Pastorale Digitale 2.0

Fortunato Ammendolia

(AniCeC, Informatico e WebMaster del Centro di Orientamento Pastorale – Roma, Studioso di “Religious Opinion Mining”)

Considerazioni, in occasione della presentazione del libro “Pastorale digitale 2.0”, di R. Petricca.

Diocesi di Sora – Cassino – Aquino – Pontecorvo.

 

 

Sora, 21 febbraio 2016

Cassino, 28 febbraio 2016

Buonasera.

Ringrazio di cuore per quest’invito, per la stima e la fiducia accordatami. A lei Eccellenza, a Riccardo, e ai presenti porgo i saluti di S.E. Mons. Domenico Sigalini, Vescovo di Palestrina e Presidente del Centro di Orientamento Pastorale, il COP.

Come avete modo di vedere nella presentazione dell’evento, accanto al mio nome compare le sigla AniCeC: essa dice in breve il mio servizio nella Chiesa[1], quello di Animatore della Comunicazione e della Cultura. Si tratta di un ministero di fatto meno diffuso di quello del catechista, dell’animatore della liturgia o della Carità ma, come vedremo, di aiuto per una pastorale che si fa attenta all’uomo e passa dalla “conservazione” alla “missione”.

La figura dell’Animatore della Comunicazione e della Cultura è stata ufficialmente definita dai Vescovi italiani nel 2004, nel documento “Comunicazione e Missione” – Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa[2].

 

Questa sera, la presentazione del libro Pastorale Digitale 2.0 diviene anche occasione per mostrare, seppur brevemente, il profilo dell’Animatore della Comunicazione e della Cultura. Lo farò in modo originale, attento all’evento che stiamo vivendo, avvalendomi anzitutto dell’esperienza narrata da Petricca: la figura dell’Animatore della Comunicazione e della Cultura è di fatto presente nel libro sin dalle prime pagine, dalla “premessa”, pur non essendo mai esplicitamente menzionata. In questo mio contributo, quindi, narrazione e Magistero, quindi, s’intrecciano.

A pagina 15, leggiamo:

«Correva l’anno 1998. Era il Mesozoico Informatico: si iniziavano a diffondere i primi Personal Computer con Windows, Google non era stata ancora fondata e Facebook non esisteva nemmeno nella mente di un bambino di nome Mark Zuckerberg. In un tiepido sabato pomeriggio della primavera (tre giovani universitari di Ingegneria) organizzarono un incontro dal titolo: “Utilizzo di Internet nella Chiesa”. Dopo una breve spiegazione dal punto di vista tecnico/informatico e di cosa fosse Internet e di come si utilizzasse, si iniziò a parlare delle sue possibili applicazioni in ambito ecclesiale. Si iniziò a parlare di Netiquette e soprattuto della creazione di stanze virtuali in cui discutere di religione, di fare pastorale ed in particolare coinvolgere giovani che erano gli abitanti di questo nuovo mondo virtuale chiamato cyberspazio. Fu quello probabilmente il peggiore degli incontri mai visti ed organizzati. Molti andarono via dopo pochi minuti non comprendendo […] di cosa si stesse o si volesse parlare. Qualcuno che intuì l’argomento rimase scandalizzato da quei pazzi visionari … ».

[Riccardo Petricca, in Pastorale Digitale 2.0, pag. 15]

Quei tre giovani studenti, poco più che ventenni, non avevano mai sentito parlare del “Progetto Culturale orientato in senso cristiano”, ovvero di ciò che la Chiesa Cattolica Italiana di quegli anni andava elaborando, eppure in quel pomeriggio di primavera, ne erano in sintonia. Quella loro proposta, infatti, seppur legata al solo medium Internet, considerava l’interdipendenza tra comunicazione e cultura, dove la parola cultura è da “intendersi come modi di pensare e di agire, stili di vita delle persone e delle collettività, strutture che li reggono e valori che gli danno forma”[3]. Con la loro fede quei tre giovani avevano visto in Internet un’opportunità per la missione delle comunità parrocchiali ed anche un ambiente culturale da evangelizzare[4].

Appassionati del medium Internet, desiderosi di sensibilizzare gli operatori pastoraliad un suo utilizzo, esperti del linguaggio della rete, Petricca e i suoi due colleghi, esprimevano già tratti caratteristici della figura dell’Animatore della Comunicazione e della Cultura.

Nel 2004, i Vescovi Italiani hanno scritto:

«Quanto mai urgente appare quindi individuare nuove figure di animatori nell’ambito della cultura e della comunicazione che affianchino quelle ormai riconosciute del catechista, dell’animatore della liturgia e della carità. In questo campo servono operai che, con il genio della fede, sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli. La loro azione da un lato dovrà svilupparsi verso chi è già attivamente impegnato nella pastorale, per aiutarlo a meglio inquadrare il suo operato nel nuovo contesto socio-culturale dominato dai media; dall’altro dovrà aprire nuovi percorsi pastorali, nell’ambito della comunicazione e della cultura, attraverso i quali raggiungere persone e ambiti spesso periferici, se non estranei, alla vita della Chiesa e alla sua missione».                                  

 

[CEI, Direttorio “Comunicazione e Missione”, sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, n. 121]

L’Animatore della Comunicazione e della Cultura, quindi, “con il genio della fede”, incoraggia ed aiuta la propria comunità ad ascoltare gli odierni contesti culturali e a ripensare e ad esprimere in essi l’annuncio del Vangelo; è attento ai linguaggi della cultura mediatica, senza perdere di vista i codici comunicativi religiosi; mette a servizio della comunità le sue competenze comunicative; nel suo agire educa alla relazione autentica accogliendo gli altri, considerandone la vita, rendendoli protagonisti. Osservo che, nel dopo Firenze 2015 l’Animatore della Comunicazione e della Cultura è figura auspicata in una Chiesa chiamata ad uscire e ad abitare contesti di vita, per annunciare, educare, trasfigurare; è figura di utilità per un pastorale integrata ed organica che ha alla base un progetto che scaturisce dalla lettura dei segni dei tempi e da un discernimento sempre più comunitario.

L’Animatore della Comunicazione e della Cultura Riccardo Petricca, scrive:

«Tanti eventi ed incontri di elevato spessore ma anche feste e tradizioni […] mi hanno portato ogni settimana a scoprire realtà di fede e cultura che mai avrei immaginato potessero esistere, a volte a poche decine di km da casa. In queste occasioni poi incontravo e conoscevo nuove persone che provavo a coinvolgere nel nuovo progetto. Ognuno di loro, con varie esperienze anche di volontariato aveva una storia personale e pastorale diversa, così come una storia ed una motivazione diversa c’era dietro il loro ingresso ed il loro “sì” al progetto».

[Riccardo Petricca, in Pastorale Digitale 2.0]

Come ogni ministero, anche quello dell’Animatore della Comunicazione e della Cultura prima di essere un servizio è un dono, una vocazione riconosciuta e accolta. Dove cercare, quindi, gli Animatori della Comunicazione e della Cultura? Il direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa suggerisce di cercare tra quanti sono già impegnati in ambito pastorale, nell’associazionismo e nel volontariato, nella scuola, nel mondo dell’arte e dello spettacolo, tra i giovani, ma anche tra le persone che per impegni professionali o altri motivi non possono operare in parrocchia, ma volentieri darebbero il loro contributo se l’impegno fosse maggiormente collegato alle proprie competenze e gestibile con elasticità[5].

Scrive ancora Petricca:

«Dovevo cercare persone competenti che, in pieno spirito di carità e volontariato, fossero disposte ad offrire il proprio servizio. Ovviamente, le primissime persone furono coloro su cui sapevo che avevo e avrei potuto sempre contare, i miei amici di sempre: Piercarlo ed Alberto. Con loro avevo condiviso mille e mille esperienze di Azione Cattolica e Pastorale Giovanile prima come giovanissimi e giovani, poi come animatori in parrocchia ed in diocesi. Inoltre, anche professionalmente avevamo intrapreso la stessa scelta, quella di studiare Ingegneria. Entrambi eravamo impegnati nelle attività della chiesa e sociali. Ovviamente non poteva mancare l’aiuto e l’esperienza di Rino e la competenza web del mio collega, amico e da quasi un anno compare Sandro Cianfarani. La parte tecnica era ben coperta ma mancava quella della redazione e dei contenuti. La persona più indicata era Ilaria Paolisso. Ilaria, compagna di classe alle elementari, presentatrice, giornalista ed addetto stampa del Comune di Sora. Per le foto invece la persona più idonea era senz’altro Chiara Incani. Chiara, che era stata giovanissima nel gruppo di AC quando io ero alle prime esperienze di animatore, con me, Piercarlo ed Alberto anche lei era diventata animatrice; dottoressa in Veterinaria, appassionata di fotografia, da anni collaborava con il giornale parrocchiale “L’Eco dei Campanili”».

[Riccardo Petricca, in Pastorale Digitale 2.0]

Alla luce di quello che è oggi Pastorale Digitale 2.0 possiamo dire che essa è ricca di Animatori della Comunicazione e della Cultura. Essi si formano alla comunione e alla missione nella Celebrazione Eucaristica e in quell’officina digitale che sono i canali web 2.0 attivati: una formazione che può integrarsi con la proposta dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ovvero un percorso formativo in modalità elearning, una vera e propria scuola online, con docenti qualificati e tutor (www.anicec.it).

A quanti sono impegnati in Pastorale Digitale 2.0 e che questa sera si sono scoperti Animatori della Comunicazione e della Cultura chiedo di guardare sempre all’Apostolo Paolo nell’areòpago di Atene (At 17,15-34): Paolo è infatti considerato il primo Animatore della Comunicazione e della Cultura[6].

Caro Riccardo, tu e i tuoi amici, in quel sabato pomeriggio del 1998, non avete avuto una sorte migliore dell’Apostolo Paolo nell’areòpago di Atene: oggi possiamo dire che anche il vostro fu un apparente fallimento e che si trattò di un incontro profetico. In quel pomeriggio di primavera tre Animatori della Comunicazione e della Cultura avevano sognato “in piccolo” l’oggi. Altrove, in Finibus Terrae, lo Spirito già preparava un Vescovo per questa diocesi. Pastorale Digitale 2.0 “sogno di Dio e dell’uomo” ha così preso forma.

[1] Presso il Centro di Orientamento Pastorale, a Roma.

[2] La figura dell’Animatore della Comunicazione e della Cultura è presentata al VI capitolo. Alla teologia della comunicazione e al principio dell’incarnazione, invece, è dedicato il II capitolo.

[3] Cfr. CEI (a cura), Progetto culturale orientato in senso cristiano: una prima proposta di lavoro, Paoline, Milano 1997, 5.

Cfr. CEI, Direttorio “Comunicazione e Missione”, sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, 4.

[4] Come tutti i media, anche Internet plasma “cultura”.

[5] CEI, Direttorio “Comunicazione e Missione”, sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, n. 124, 125,126, 127, 128.

[6] GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, 37.

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