Omelia per la solennità dell’Immacolata – 08 dicembre 2013

Con la solennità liturgica dell’Immacolata, la Chiesa celebra l’iniziativa sorprendente di Dio nella vita di una creatura umana preservata da ogni contagio di peccato, e collocata nella condizione di assoluta purezza e di santità, perché “piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio” (Prefazio).

Il “fiuto spirituale” del popolo di Dio, il “sensus fidei fidelium” ha preceduto di secoli la dichiarazione dogmatica del magistero della Chiesa. La ricca produzione spirituale, artistica e letteraria riguardo al mistero dell’Immacolata Concezione di Maria, attesta la consapevolezza, diffusa e radicata nell’animo dei credenti, della peculiare condizione di “privilegio” che Dio aveva riservato per Maria. In lei, infatti, “hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio” (Colletta).

La Vergine Immacolata ravviva in ciascuno l’inguaribile nostalgia dello stato iniziale di grazia, che abbiamo perduto a causa del peccato originale. In Maria possiamo contemplare l’ideale perduto. Ma grazie a Lei, è possibile sognare anche per noi la partecipazione a uno straordinario mistero, quello della santità della Chiesa: “In lei hai segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza” (Prefazio).

Il mistero della Chiesa supera quello di Maria. Scrive s. Agostino: “Santa è Maria, beata è Maria, ma è migliore la Chiesa che la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa: un membro santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all’intero corpo. Se è membro di tutto il corpo, allora certo vale più il corpo che un suo membro. Il Signore è capo, e il Cristo totale è capo e corpo. Che dire? Abbiamo un capo divino, abbiamo per capo Dio” (Dai «Discorsi» di sant’Agostino 25, 7-8).

Dal brano del Vangelo di s. Luca possiamo apprendere che il soggetto dell’evento dell’Annunciazione è Dio, il quale svolge la sua intenzione tramite la missione dell’Angelo Gabriele. L’Angelo è mediazione del Mistero, è rivelazione dell’Assosluto, è portatore della parola di Dio. Attraverso l’azione dell’Angelo, Dio manifesta a Maria, e alla Chiesa, alcuni tratti salienti del suo Volto. Quali?

Dio si rivela come l’Angelo della storia, Signore del tempo e dello spazio dell’umano.

Dio si offre e si consegna alla vita di Maria rispettando le coordinate del tempo e dello spazio, dentro le quali il suo arrivo si compie.

Maria accoglie una rivelazione “storica” di Dio. Maria non è una visionaria, né una persona psicologicamente instabile, vittima di illusioni religiose. Dio la cerca in un momento ben definito (“nel sesto mese…”), in uno spazio lucidamente menzionato (“in una città della Galilea, chiamata Nàzaret”), chiamando per nome i personaggi coinvolti (“…un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria”). Dio si rivela concretamente, raggiunge in modo reale la persona coinvolta in questo straordinario evento.

Questo ci educa alla fede come incontro concreto con il Signore: la fede, la preghiera, il culto, non esprimono una religione astratta, evasiva, estranea rispetto alla concreta esistenza dell’uomo. Dio penetra le fibre più nascoste della nostra identità, la “abita” totalmente, dichiarando la sua volontà di raggiungerci in modo diretto, personale e concreto. Allora la fede acquista spessore e significato, prende corpo in modo efficace e reale, aprendoci alla possibilità di riconoscere il Signore sulle rive della nostra esistenza quotidiana.

Dio si rivela come l’Angelo della soglia e del discernimento.

“Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te”. L’Angelo di Dio varca la soglia della dimora di Nazareth, ed entra nel cuore della ferialità di Maria. Dio varca la soglia dei sogni e dei progetti umani, e porta il “turbamento” della sua parola. Maria restò turbata! E’ un danno? No, è piuttosto il turbamento del dover pensare in modo nuovo e diverso la propria esistenza, il proprio futuro. Dio varca la soglia dei nostri pensieri, per elevarli alla dignità e alle vertigini dei suoi elevati progetti.

La parola di Dio avvia un radicale discernimento nell’animo, che accompagna Maria a ripensare in maniera totalmente nuova il suo presente e il suo avvenire. La domanda “Come è possibile” racchiude ed esprime tutte le domande possibili dinanzi alla proposta che Dio le sta manifestando. Celebriamo oggi anche la Giornata del Seminario diocesano, e quindi la prospettiva vocazionale dell’esistenza. Nell’evento dell’Annunciazione Maria è raggiunta da una parola di chiamata, come tanti giovani cristiani del nostro tempo. E questa parola di Dio scatena molteplici e legittime domande: Come è possibile tutto ciò? Perché proprio io? Sono realmente capace di compiere ciò che Dio mi chiede? Cosa resta della mia libertà? Come posso consegnare tutta la mia vita nelle mani di un Altro?

Dio si rivela come l’Angelo della consolazione e della promessa.

Nel tormento dell’inquietudine Dio non ci lascia soli, non ci abbandona allo strazio delle nostri notti insonni. Egli in prima persona si fa carico delle nostre ansie, e si rivela come l’Angelo della consolazione: “Non temere…”. Dio si propone alla sua creatura come la roccia stabile di salvezza, su cui poggiare la costruzione della propria storia. Lui è fedele e merita tutta la fiducia dell’uomo: “La fede accoglie questa Parola come roccia sicura sulla quale si può costruire con solide fondamenta. Per questo nella Bibbia la fede è indicata con la parola ebraica ’emûnah, derivata dal verbo ’amàn, che nella sua radice significa “sostenere”. Il termine ’emûnah può significare sia la fedeltà di Dio, sia la fede dell’uomo. L’uomo fedele riceve la sua forza dall’affidarsi nelle mani del Dio fedele” (Lumen fidei, 10).

Dio ci consola con la promessa dello Spirito Santo. Il “Non temere” è giustificato ed è credibile per il dono nuovo che rende robusta la nostra fiducia e la nostra risposta, lo Spirito di Dio. Nella grazia di questo dono tutto è possibile anche all’uomo.

Dio si rivela come l’Angelo della decisione e della risposta.

Tutto il percorso dell’Annunciazione raggiunge il suo momento cruciale nell’attesa della risposta che Maria è invitata a dare: “Hai sentito, o Vergine, che partorirai un Figlio… per opera dello Spirito Santo? L’Angelo aspetta la tua risposta. Anche noi siamo in attesa. Se Tu acconsenti saremo liberati. Te lo chiedono supplichevoli Adamo, Davide e gli altri Santi Padri. Tutto il mondo, prostrato ai tuoi piedi, attende il tuo consenso. Dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la salvezza di tutti i figli di Adamo. Rispondi in fretta, o Vergine, pronunzia le parole che la terra e il Cielo attendono. Il desiderato da tutte le genti batte alla porta. Alzati, corri, apri!” (S. Bernardo).

Maria deciderà per il Sì, per l’Eccomi con il quale esprime la totale e definitiva adesione e partecipazione al piano dell’Altissimo.

La casa di Nazareth che accoglie il Mistero si lascia illuminare dal Sì che dà una svolta decisiva alla storia, anticipo di un Sì ancora più grande, quello del Figlio Gesù sulla Croce, il Sì dell’obbedienza grazie al quale la storia sarà redenta.

Carissimi fratelli e sorelle, carissimi giovani,
Dio agisce così anche nella nostra vita cristiana, spesso troppo tranquilla e assuefatta agli schemi ripetitivi delle nostre abitudini. Egli ci sorprende con la sua Parola e dà inizio a percorsi inediti, inesplorati, impensabili. Solo Lui è capace di questo. Non opponiamo resistenza alla sua volontà. Il termine “volontà”, quella di un altro su di noi, rischia di conservare una connotazione negativa, come qualcosa che schiaccia, che pesa, che obbliga e costringe, qualcosa di coercitivo alla quale l’uomo volentieri vorrebbe sottrarsi.

Nulla di tutto questo: la sua volontà è “vocazione”, è parola di invito, è annuncio di gioia, è aurora di novità. Dio provoca alle scelte più alte e più belle, anche impegnative ed esigenti, perché nulla hanno a che fare con i calcoli delle mezze misure, degli accomodamenti egoistici e rinunciatari.

Dio attende la nostra risposta: tiriamoci fuori dall’omertà spirituale e vocazionale, e assumiamoci in prima persona l’audacia della fede, pronta a rendere ragione delle proprie scelte.

+ Gerardo Antonazzo

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