Omelia per la celebrazione eucaristica con l’Unitalsi

Stemma di Mons. Gerardo Antonazzo

GENERARE NEL DOLORE

Omelia per la celebrazione eucaristica con l’Unitalsi

Civitella Roveto – V° Congresso eucaristico di Plaga, 11 settembre 2021

 

 

Carissimi fratelli e sorelle, cari amici dell’Unitalsi,

nel cuore dello svolgimento del Congresso eucaristico celebriamo con gli amici dell’Unitalsi la Memoria della Beata Vergine Maria Addolorata. Nella mia meditazione partirei da una considerazione evidente: ogni forma di malattia fisica comporta un processo, semplice o complesso, di degenerazione della propria condizione di salute. Tale degenerazione si manifesta nella menomazione o riduzione delle proprie condizioni fisiche e delle molteplici attività della vita ordinaria. Spesso si perde la propria autosufficienza. Per questa ragione la malattia è sempre connessa ad uno stato di sofferenza anche di natura psicologica. Tuttavia, ci sono eventi che fanno della sofferenza un motivo di gioia. Ce lo ricorda Gesù portando l’esempio del parto di una donna: “La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo (Gv 16,21). La sofferenza del parto, costituita da un vero dolore sia fisico che psicologico, dovuto quest’ultimo all’ansia per l’attesa del figlio, attiva un processo generativo: si diventa madre, si dà alla luce una nuova vita, e la gioia di questo dono ripaga in modo sovrabbondante la fatica del dolore.

Maria, la Madre del Signore, è sotto la Croce del Figlio: la spada del dolore, profetizzata per Maria molto tempo prima dal vegliardo Simeone nel Tempio di Gerusalemme, le trapassa l’anima nel vedere la morte atroce del Figlio e dovendo accettare il definitivo distacco da Lui. A prima vista, la sofferenza di Maria poteva diventare per lei solo motivo di tristezza e di disperazione. Maria, invece, è addolorata, ma non disperata. Con quale forza? Quella della fiducia sconfinata nell’opera di Dio, che sempre guidato e illuminato gli eventi che l’hanno riguardata e coinvolta sin dagli inizi della sua storia spirituale: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Nella parola “serva” ritroviamo il senso di una missione da svolgere; sotto la croce Maria porta a compimento la volontà di Dio, offrendo a Lui la piena partecipazione e adesione allo svolgimento dei difficili e drammatici eventi estremi. Nell’esperienza cristiana ogni forma di dolore può essere generativa di una vita nuova, di una missione eroica. Non secondo la logica efficientistica del mondo.

Nel momento imponderabile della sua prostrazione inenarrabile e indicibile sofferenza, vissuta con ineffabile compostezza interiore, Maria riceve il dono di diventare Madre una seconda volta: “Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé” (Gv 19, 26-27). Maria accoglie le parole del Figlio con una fiducia straordinaria. Quanto Lei aveva chiesto ai servi durante le nozze a Cana, lo ha sempre vissuto, sino al Calvario: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). La sofferenza vissuta come abbandono alla volontà di Dio diventa paragonabile alle doglie di un nuovo parto: nell’affidamento del discepolo amato a Lei nasce la Chiesa! Risuona l’annuncio gioioso del profeta: “Il Signore crea una cosa nuova sulla terra: la donna circonderà l’uomo! (Ger 31,22). Maria cinge il discepolo in una nuova relazione carica di affetto, mentre il discepolo l’abbraccia tra i suoi beni più preziosi. Nel dolore nasce una “cosa nuova sulla terra”: la Chiesa, di cui Maria è resa Madre. Tutto questo è frutto del dolore del Figlio e della Madre, insieme. A questo penso se oggi vi parlo del dolore come processo generativo, vissuto come Maria e insieme con Lei, per una missione salvifica che continua e che è affidata anche a noi  (Ecco la serva del Signore).

Una domanda potrebbe attraversare e turbare il nostro animo: perché Gesù ha aspettato la fine della sua vita per consegnare a noi Maria, sua Madre, in una condizione così umiliata e disprezzata, e non piuttosto in tempi e situazioni migliori, come ad esempio durante il banchetto di nozze a Cana di Galilea?  Gesù decide di consegnare Maria come madre dall’alto della croce perché solo nel dolore è possibile il parto di una vera filiazione. Nel dolore Maria assume una vera nuova maternità. È un processo spirituale e reale: Lei realmente diventa nostra madre. Maria nel dolore della Croce vive un vero parto che rinnova la sua maternità a vantaggio del nostro diventare suoi figli. E nei tristi momenti delle nostre terribili prove non potremo mai dimenticare che ci sarà sempre una vera Madre accanto che si prenderà cura di noi, starà anche sotto le nostre croci, una mamma che ci viene consegnata per accompagnarci nei momenti più tormentati ed insidiosi in cui più facilmente rischiamo di ribellarci contro Dio invece di affidarci e di fidarci di Lui. Avere Maria come Madre dolorosa nel nostro dolore ci aiuta a capire il suo dolore e ad accogliere il nostro, a viverlo si in tutta la sua asprezza, mai da soli.  Maria non riduce il dolore, non ce lo evita, né ce lo può risparmiare; la Vergine Addolorata con il suo esempio ci aiuta a viverlo e a valorizzarlo come partecipazione al dolore della Croce. Maria accoglie il dolore del Figlio, e impara ad offre il suo dolore al Figlio. Sente di essere chiamata anche Lei dal Padre a condividere il medesimo sacrificio. San Paolo lo insegna con la sua personale testimonianza: “Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Se Gesù ha avuto bisogno del dolore della Madre, chiede anche a noi di partecipare ai suoi patimenti “a favore del suo corpo che è la Chiesa”.

Cari amici,

se desideriamo un mondo nuovo possiamo sperarlo dalla potenza del Crocifisso, e dalla sofferenza di tutti i crocifissi della storia. Non sarà la forza dei potenti, ma la debolezza dell’Amore umiliato di tutti i sofferenti a restituire la bellezza al nostro mondo gravemente deturpato dalla malvagità del peccato. Allora coraggio amici dell’Unitalsi: con la vostra fragilità Dio è all’opera per la creazione non di un nuovo mondo ma di un mondo rinnovato, riscattato dalla sua caducità e salvato. Maria sta sotto la Croce di ognuno di noi, così come ha aiutato Gesù ad accettare le atrocità della sua Croce e a morire fra le braccia del Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46).  Avere Maria accanto a noi non significa avere uno sconto sulle nostre paure, ma avere la compagnia di una straordinaria Donna che ci aiuta a pregare così: “Se il Signore dispone per me questa prova, ci sarà una ragione. Maria aiutami a vivere con te e come te secondo la volontà di Dio”. Ci fidiamo della volontà di Dio, che non spetta a noi conoscere; saprà Signore cosa fare del nostro dolore. Se così non è, ci rimane la sola disperazione. Dio può aver bisogno anche del mio dolore; so di prendere parte alla salvezza che Lui continua ad assicurare attraverso la croce di Cristo e anche grazie al dolore di tutti coloro che sono con Cristo, dalla parte della sua sofferenza, sulla medesima Croce.

+ Gerardo Antonazzo

 

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