Omelia per la celebrazione delle Ceneri: Austero simbolo e Segno sacramentale

stemma vescovo soraAustero simbolo e Segno sacramentale

 

Omelia per la celebrazione delle Ceneri

05 marzo 2014

Cammino di conversione

La tradizione liturgica della Chiesa pone all’inizio del cammino quaresimale tre elementi illuminanti il nostro itinerario spirituale: il “cammino di vera conversione”, l’ “austero simbolo delle ceneri”, il “segno sacramentale della quaresima”.

Nella Colletta dell’odierna celebrazione così abbiamo pregato: “O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione…” (Colletta).

La preghiera di benedizione delle Ceneri, parla di “austero simbolo delle ceneri” offerto per l’itinerario spirituale del nostro completo rinnovamento.

Infine, la Colletta della prima domenica definisce la Quaresima “segno sacramentale della nostra conversione“.

“Il saggio, ormai anziano, diceva: “Quando ero giovane ero un rivoluzionario e tutte le mie preghiere a Dio erano: ‘Signore, dammi la forza di cambiare il mondo’. Quando ero ormai vicino alla mezza età e mi resi conto che metà della mia vita era passata senza che avessi cambiato nulla, mutai la mia preghiera in: ‘Signore, dammi la grazia di cambiare tutti quelli che sono in contatto con me. Solo la mia famiglia e i miei amici, e sarò contento’. Ora che sono vecchio e i miei giorni sono contati, comincio a capire quanto sono stato sciocco. La mia sola preghiera ora è: ‘Signore, fammi la grazia di cambiare me stesso’. Se avessi pregato così fin dall’inizio, non avrei sprecato la mia vita. Se ognuno pensasse a cambiare se stesso, tutto il mondo cambierebbe”.

E’ possibile immaginare un cambiamento nella nostra vita? Desideriamo veramente cambiare? E in quale direzione, poi?

Il tempo liturgico della Quaresima ci riconsegna, pertanto, il compito di declinare la parola “conversione” secondo le regole grammaticali del Vangelo.

Conversione religiosa

La predicazione di Gesù provoca nell’animo di alcuni interlocutori l’inizio sorprendente della vera fede. Nell’icona biblica che ho scelto per la “Lettera alle Comunità per la quaresima 2014”, troviamo una donna pagana, la Cananea, che implora l’intervento di Gesù per la sua figlioletta ammalata (Mt 15,21-28). La guarigione raggiunge prima di tutto la madre, la quale è accompagnata da Gesù a compiere il grande passaggio dal paganesimo alla professione della fede autentica e audace. Per questa fede della donna, sarà guarita anche la figlia.

Un esempio di conversione religiosa è rappresentato da s. Agostino. La sua conversione mostra chiaramente il passaggio dalla non conoscenza del Dio della Bibbia alla conoscenza del Dio di Gesù Cristo. Egli era molto confuso sull’idea di Dio e pensava addirittura a una duplice divinità, al principio del Bene e del Male. Dunque, prima ancora di una conversione morale e di una conversione mistica, Agostino ebbe una radicale conversione religiosa, grazie al contatto con  Cicerone. La racconta nelle Confessioni, quando parla della sua lettura dell’Ortensio:  “Quel libro, devo ammetterlo, mutò il mio modo di sentire, mutò le preghiere stesse che rivolgevo a Te, Signore, suscitò in me nuove aspirazioni e nuovi desideri, svili d’un tratto ai miei occhi ogni vana speranza e mi fece bramare la sapienza immortale con incredibile ardore di cuore. Così cominciavo ad alzarmi per tornare a Te”.

Il ritorno, il cambiamento di direzione del cammino, è l’inizio della conversione religiosa. E riguarda anche noi nella misura, mentre professiamo verbalmente la fede in Dio, di fatto affidiamo la fiducia e la speranza della nostra vita ai molti idoli che affollano il nostro Pantheon religioso.

Conversione morale

Nel Vangelo troviamo anche l’appello di Gesù alla “conversione morale”. Sono diversi gli episodi nei quali Gesù, insieme con la guarigione fisica, esige un rinnovamento morale della persona. Penso alla guarigione del paralitico presso la piscina di Betzatà: “Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio» (Gv 5,14).

Ignazio di Loyola ci permette di vedere questo secondo volto della conversione. Il card. Martini così parla della sua conversione: “Credeva in Dio, era stato edu­cato alla fede cristiana, si dedicava a qualche pratica re­ligiosa, ma gli piacevano le vanità del mondo e la sua vita era piuttosto disordinata.Trovandosi infermo a seguito di una ferita alla gam­ba, si mise a leggere una Vita di Cristo e alcune biogra­fie di santi, che lo posero a confronto con se stesso”.

Ri­flettendo seriamente sul suo passato, Ignazio comprese che pur riconoscendo già il primato di Dio, per essere degno dell’amore di Gesù, morto per salvarci, doveva cambia­re modo di comportarsi.

Anche nella nostra vita la misericordia di Dio esige una costante e mai definitivamente compiuta conversione morale.

Conversione spirituale

Vorrei infine considerare anche la bellezza della “conversione spirituale”. In questo ci sarà di aiuto l’esperienza dell’apostolo Paolo grazie alla testimonianza letteraria sia delle pagine biografiche (Atti degli apostoli), sia di quelle autobiografiche (Lettere).

In che senso possiamo parlare di conversione nella vita di Paolo di Tarso? L’esperienza di Damasco ha segnato una svolta critica.  Paolo non può essere considerato “convertito” nel senso religioso. Infatti era già un fariseo osservante: “Circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo (Fil 3,5).

 Paolo non può essere considerato un “convertito”  nemmeno in senso morale. Egli stesso infatti afferma che la sua condotta, prima ancora di incontrare Gesù Cristo risorto, era “irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge” (Fil 3,6). Paolo dunque non ha coscienza di essere un convertito sotto il profilo etico o morale, se con questi termini si indica l’osservanza dei comandamenti, e quindi il miglioramento della propria condotta.

Invece egli ha consapevolezza di essere radicalmente cambiato sotto l’aspetto spirituale, nel senso che il centro di gravità del suo universo religioso non è piu costituito dall’osservanza della legge e delle tradizioni dei padri, ma dal suo nuovo rapporto con Gesu Cristo Signore, che si è rivelato in lui (cfr. Gal 1,16) sulla via di Damasco. Questo cambiamento, da quanto si puo capire dalle Lettere di Paolo, è stato relativamente repentino e radicale. Esso ha comportato una ristrutturazione del suo sistema di valori religiosi e spirituali. Con un termine mutuato dall’epistemologia, si potrebbe dire che è cambiato per Paolo il “paradigma” cognitivo. ll suo criterio di valutazione e di scelta non è costituito piu dal riferimento alla tradizione giudaica, all’osservanza di ritualismi, precetti, obblighi, prescrizioni, ma dalla nuova esperienza di fede in Gesu Cristo, persona viva, “il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore” (1Cor1,30-31).

Improvvisamente apparve che la Torah non era più sufficiente, e quindi neanche necessaria, per acquisire la giustizia davanti a Dio.

Non dunque il maestro e profeta della Galilea fu quello conosciuto da Paolo, ma un Gesù crocifisso-risuscitato, confessato e venerato come decisivo marchio identificativo di un’inedita comunità che si stava impiantando all’interno di Israele. Questa comunità ormai non vedeva più Legge  il proprio elemento religioso distintivo.

Il cuore del Vangelo nel cuore dell’uomo

È il tempo di proporre di nuovo, e prima di tutto, Gesù Cristo, il centro del Vangelo. Ci spingono a ciò l’amore indiviso di Dio e dei fratelli, la passione per la verità, la simpatia e la solidarietà verso ogni persona che cerca Dio e che,comunque, è cercata da Lui” (Giovanni Paolo II, Convegno ecclesiale di Palermo 1995).

 Papa Francesco nella Evangelii gaudium indica con forza l’essenza della conversione spirituale:

Una pastorale in chiave missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere.

…Alcune verità rivelate…sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo. In questo nucleo fondamentale ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto.

…Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva…Se tale invito non risplende con forza e attrattiva, l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo…Il messaggio correrà il rischio di perdere la sua freschezza e di non avere più “il profumo del Vangelo” (nn.35.36.39).

Anche il vangelo dell’odierna celebrazione liturgica rischia di essere ripetutamente e forzatamente sottoposto ad una lettura moralistica, di stampo volontaristico. Siamo preoccupati per alcune pratiche esteriori (“Quando preghi…quando digiuni..quando fai l’elemosina”), piuttosto che del rinnovamento della nostra relazione con Dio. Il discepolo capisce che l’azione decisiva per la salvezza non è ciò che fa l’uomo, ma lo sguardo di Dio che “vede nel segreto”. L’esigenza di questa conversione spirituale deve rispondere alla domanda: qual è il centro di gravità della mia vita spirituale, quale il motivo delle stesse pratiche religiose, e come vivo la relazione con il Signore Gesù, il Risorto, Figlio di Dio e Messia? E’ chiamata in causa, dunque, la conversione dell’intelligenza e del cuore. E’ ciò che intendo per “conversione spirituale”.

Il fariseismo ipocrita contro il quale Gesù lancia i suoi anatemi esprime l’idea religiosa ridotta a ritualismo, a precettismo, a dogmatismo dottrinale. Insomma esprime tutto ciò che è “religiosamente corretto”, al fine di pretendere di stare a posto con Dio, avedo soddisfatto tutti i miei doveri, precetti e obblighi religiosi, avendo saldato i conti con quanto dovuto a Lui. Null’altro potrebbe chiedermi o pretendere da me.

Carissimi, anche lo stesso rito del mercoledì delle Ceneri rischia di diventare una pratica rituale, un rito da espletare, il pedaggio da pagare per entrare nel tempo liturgico, piuttosto che “austero segno” che ci educa a vivere il “segno sacramentale” di una sincera conversione, quale adesione totale della mia vita al Vangelo, che è la persona del Signore Gesù, unico Cristo e  vero Salvatore. La luce della Pasqua illumini il cammino penitenziale e gioioso della santa quaresima. Amen.

 

    + Gerardo Antonazzo

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