Omelia per il 25° di sacerdozio di don Arcangelo D’Anastasio

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Perché avete paura? 

Omelia per il 25° di sacerdozio

di don Arcangelo D’Anastasio

Arce, 4 luglio 2017

Abbiamo iniziato la nostra preghiera comunitaria con un gesto altamente espressivo: l’accoglienza, sul sagrato della chiesa, del grande Crocifisso restaurato. Carissimo don Arcangelo, l’abbraccio al Crocifisso restaurato rigenera profondamente il cuore del presbitero, sbilanciato per vocazione sul crinale vertiginoso dell’amore supremo a prova di croce. La riconsegna del Crocifisso riporta al cuore della tua spiritualità pastorale la consegna finale del rito di ordinazione: “Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”.

La preghiera del Salmo responsoriale ti sollecita in prima persona a cantare la commozione per l’amore di predilezione del Maestro: “La tua bontà, Signore, è davanti ai miei occhi”. Con gli occhi del tuo cuore guardi alla tua storia personale lungo la quale il Signore ha spalmato ininterrottamente i segni concreti ed evidenti della sua paterna bontà.  Il tuo sguardo non parla certo di nostalgia, non commenta rimpianti, non pretende ripensamenti, non esige restituzioni di sorta: oggi confermi, felice, tutto ciò che hai impegnato di te stesso per rispondere al Signore. Quando iniziamo a camminare verso di Lui e con Lui, non vogliamo voltarci indietro verso ciò che si è lasciato: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio” (Lc 9,62)Il tuo guardare indietro non significa tornare indietro, come per la moglie di Lot nel racconto della lettura odierna: “Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale” (Gen 19,26). Il Midràsh spiega: “Ella peccò con il sale e fu punita con il sale” (Yalkùt Shimoni Bereshìt 85). Ogni tentativo di tornare indietro, qualunque sia la ragione, fossero anche i nostri errori e peccati, è una tentazione che ci pietrifica, ci paralizza. I tuoi occhi siano inumiditi piuttosto dalla commozione per l’opera che Dio ha iniziato in te (cfr. Rito di ordinazione): contempla la bontà del Signore nel dono della vita, della fede battesimale, della chiamata, della sequela apostolica, del ministero ordinato. Solo grazia, senza alcun tuo merito. Non potrai mai presentare il conto a Dio dal quale hai semplicemente ricevuto, tutto e sempre.

Nel celebrare il 25° anniversario non devi neppure rallentare il passo. Questaè una sosta che deve piuttosto rinvigorire lo zelo della tua responsabilità pastorale. Dio chiede a Lot di non ritardare le sue decisioni: “Lot indugiava, ma quegli uomini presero (lo) per mano…per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui: lo fecero uscire e lo condussero fuori della città”, che stava per essere distrutta con fuoco e zolfo dal cielo. Non indugiare, non opporre resistenze, non dubitare, non tirarti indietro, non rinunciare di andare oltre, e non tentennare su ciò che Dio ti chiede attraverso la sua Parola, tramite la Chiesa, spesso con la voce più pura dei fedeli che sei chiamato a servire e a saper ascoltare. Il Signore ti prende per mano, e con tenerezza di Padre ti conduce fuori dal pericolo come ha fatto con Lot: traccia il cammino da compiere, ti preserva  da ogni male e custodisce pura la tua coscienza: “Questo è il nostro vanto: la testimonianza della coscienza. Vi sono uomini avventati, detrattori, delatori, mormoratori, che cercano di congetturare quello che non vedono e si adoperano perfino a diffondere quello che neppure sono in grado di sospettare. Contro costoro che cosa resta, se non la testimonianza della nostra coscienza?” (S. Agostino, Disc. 47, 12-14).

Nel vangelo proclamato sovrasta la mano salvifica del Signore sulla paura degli apostoli. Lui ti ha preso con sé sulla barca e ti ha invitato a condividere la grande traversata della missione. L’inizio entusiasmante della navigazione deve fare i conti anche con le improvvise tempeste. La sequela del Maestro non ci preserva dai rischi, dai venti contrari, dalle fatiche stressanti. Non si contrae con Lui una polizza assicurativa sulla vita, sull’incolumità da ogni avversione o avversità, soprattutto quando dobbiamo obbedire all’ufficio pastorale della verità: “Non cerchiamo dunque il nostro interesse quando vogliamo piacere agli uomini, ma vogliamo rallegrarci con gli uomini, e siamo lieti che a loro piaccia il bene, per la loro utilità non per la nostra gloria” (S. Agostino, Disc. 47, 12-14). La tempesta è metafora della stagione delle prove, dei dispiaceri, delle incomprensioni! Allora emergono le nostre paure, ogni genere di confusione e di smarrimento, scoraggiamento e delusione. Restiamo come sopraffatti e indifesi di fronte agli eventi che ci sovrastano: “Avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde” (Mt 8, 24).

Domina la paura, mentre il Signore dorme. Gli apostoli invece di risvegliare la loro fede, pensano di svegliare il Signore con la loro paura. Non resta che elevare il grido come nella preghiera del salmista: “Svégliati! Perché dormi, Signore? Déstati, non respingerci per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?…Àlzati, vieni in nostro aiuto!
Salvaci per la tua misericordia!” (Sal 44, 24-27). La domanda che il Signore ci rivolge “Perché avete paura, gente di poca fede?” intende sfidare la nostra capacità di non perdere mai di vista la sua presenza su cui contare. Se dorme, è per mettere alla prova la nostra fiducia. Se Dio sembra assente è per sollecitare la nostra serenità interiore con cui governare la reazione scomposta della paura. Il vero problema non è il silenzio di Dio, ma il mutismo della nostra fede! E’ Lui la nostra pace: “Si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia” (v. 26).

Infine, non tacitare mai la domanda: “Chi è mai costui?”. La domanda che si pongono gli apostoli riguardo a Gesù è ben definita, ma la risposta non è mai definitiva. Caro don Arcangelo, tale domanda esprima lo stupore per tutte le volte in cui Lui ci scuote. Lasciati sorprendere sempre più dalla rivelazione del mistero di Cristo: ti riempia di stupore la bellezza della sua Parola meditata nella Scrittura e studiata, come è tua lodevole abitudine, soprattutto nella letteratura patristica. Non smettere di studiare. Unisci l’indagine intellettuale alla contemplazione della preghiera per riconoscere, con la luce dello Spirito, il Signore risorto sempre presente, anche se spesso dietro l’angolo: “Dominus est” (Gv 21,7). Ti auguro di crescere nella sapienza del cuore e nel discernimento pastorale per l’edificazione del bene tuo e della comunità (1Cor 14,12).

                                                                                                                                            + Gerardo Antonazzo

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