Omelia Elevazione a Concattedrale “Chiesa Madre” di Cassino – Cardinal Pietro Parolin

Cardinal Pietro Parolin

“Chiesa Madre” di Cassino 12 agosto 2018

 

Cari fratelli e sorelle,

Ho accolto volentieri l’invito del vostro Vescovo, Mons. Gerardo Antonazzo, a presiedere la solenne Eucaristia nella felice ricorrenza dell’elevazione di questa Chiesa Madre della Città di Cassino al titolo e dignità di Chiesa Concattedrale della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo.

Vi saluto tutti cordialmente ad iniziare dal vostro Pastore, che ringrazio per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi all’inizio della celebrazione. Con lui saluto i sacerdoti, i diaconi, le persone consacrate, gli operatori pastorali, i fedeli laici, con un pensiero di distinto ossequio per le Autorità qui presenti.

L’odierna liturgia si pone tra due celebrazioni mariane molto importanti per la vostra tradizione cristiana: innanzitutto la ricorrenza del 9 luglio, legata all’atto di ringraziamento verso la Madonna Assunta per il prodigioso soccorso nelle tragedie della peste nel 1837 e del colera nel 1882, unitamente alla sua materna consolazione nel periodo della totale distruzione della città durante l’ultimo conflitto bellico; la seconda riguarda la prossima solennità dell’Assunzione di Maria, celebrata qui a Cassino con grande concorso di fedeli che partecipano con affetto filiale  al solenne rito dell’incoronazione della Vergine Santa.

Affidiamoci ancora una volta a Lei, Madre nostra dolcissima, sicuri che, come afferma San Bernardo di Chiaravalle, “non si è mai inteso al mondo che qualcuno sia ricorso alla sua protezione, abbia implorato il suo aiuto e chiesto il suo patrocinio e sia stato abbandonato”.

Vorrei ora cogliere dalla Parola di Dio che è stata proclamata, alcuni spunti di riflessione per la nostra vita e per il nostro cammino cristiano.  La Prima Lettura (cfr 1Re 19,4-8) ci ha mostrato come la missione profetica di Elia sia segnata da gravi contrasti, incomprensioni, minacce. Il profeta è un uomo di Dio, ma spesso è anche un uomo solo: soffre la fatica di dover contrastare la menzogna e la falsità di una religione che si è sempre più allontanata dal vero culto di Dio. L’idolatria del potere e il potere dell’idolatria contaminano la vita religiosa del popolo. Il profeta Elia denuncia la gravità delle colpe di quanti seguono le vie inique dei culti idolatrici, opprimono i poveri, trasgrediscono la giustizia sociale, favoriscono ogni forma di illegalità e sopruso, tradendo la fedeltà al Dio dell’alleanza e dell’amore. Di fronte a questa situazione deplorevole, il profeta non può tacere, ma si deve esporre mettendo in conto l’ora della sofferenza e della sconfitta.

Così ha fatto Elia, il quale se in altre circostanze ha avuto grandissimo successo, ora cade in basso, vive l’esperienza della prostrazione e della paura. Deve fuggire, e durante questa fuga anche lui è tentato di perdere la fiducia in Dio. Si rifugia nel deserto. C’è il deserto fuori e dentro di lui. E’ il momento drammatico nel quale Elia grida: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita» (v.4).

Per il profeta rinunciare è come arrendersi, arrendersi è come morire! Lo sconforto sembra valere più di ogni promessa. Dio, invece, non si arrende, e parla ad Elia mentre dorme. Nel sonno, condizione di massima passività e inerzia, Dio prende l’iniziativa, e per due volte incalza il profeta: «Alzati, mangia!» (v.5).

Solo allora Elia si accorge che il deserto della sua disperazione è un luogo abitato da Dio. Il Signore rimette in piedi la vita del profeta con la forza della sua parola e gli ordina: “Alzati!”. È una parola di vita, di rinascita, di risurrezione. Questa parola rinvigorisce il coraggio e la fiducia, prepara all’incontro con Dio che si rivela al profeta sul monte Horeb nel segno discreto di un silenzio fine, e ricompone lo zelo della sua missione.

Anche voi, cari fratelli e sorelle della Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, possiate aprire il vostro cuore e udire la voce del Signore che incoraggia la missione profetica delle vostre comunità e di ciascuno di voi. Sia chiara e tenace la vostra sollecitudine nei confronti dei deboli, degli esclusi, di coloro che la società del benessere e dell’efficienza condanna alla categoria dello “scarto”.  Siate certi che Dio, come non ha abbandonato il profeta nel tempo della prova, delle incomprensioni e della persecuzione, cosi anche oggi non abbandona i pastori e il suo popolo. Il Signore è con noi soprattutto nella stagione delle difficoltà: Egli ama la sua Chiesa e la anima incessantemente con la luce e la forza dello Spirto Santo.

L’odierna pagina evangelica (cfr Gv 6,41-51) ci presenta una folla stremata, che segue Gesù da più giorni. Egli accoglie l’umile dono di cinque pani d’orzo e due pesci e, dopo aver reso grazie, li fa distribuire a tutti i presenti. Dopo averli sfamati, li invita a darsi da fare per nutrirsi di un cibo che rimane per la vita eterna. Gesù vuole aiutarli a comprendere il significato profondo del prodigio che ha operato: nel saziare in modo miracoloso la loro fame fisica, li dispone ad accogliere l’annuncio che Egli è il “pane disceso dal cielo”, che sazia in modo definitivo.

Questo racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci ci esorta a sentire la fame di Gesù “pane di vita”, la fame della Parola di Dio, la fame di conoscere il vero senso della vita. Solo chi è attirato da Dio Padre, chi Lo ascolta e si lascia istruire da Lui può credere in Gesù, incontrarLo e nutrirsi di Lui e così trovare la vera vita, la strada della vita, la giustizia, la verità, l’amore.

La Parola e il Pane eucaristico mentre ci nutrono nel deserto della storia, ci edificano come comunità, ci trasformano nel suo stesso Corpo, facendoci diventare Chiesa.

Per questo l’apostolo Paolo, nella seconda lettura, ci rivolge un pressante invito: «Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio» (Ef 4,30). Domandiamoci: nella vita del credente e di una comunità, cosa può rattristare, mortificare, fino a spegnere lo Spirito Santo? L’apostolo ci aiuta nel discernimento, e parla di «asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità» (v.31). Tutto questo può dare purtroppo origine a quello che il Santo Padre Francesco indica come «il grido […] che si forma con il disprezzo, con la calunnia, col provocare testimonianze false […]. E’ la voce di chi vuole difendere la propria posizione screditando specialmente chi non può difendersi. E’ il grido fabbricato dagli intrighi dell’autosufficienza, dell’orgoglio e della superbia” (Omelia Domenica delle Palme, 25 marzo 2018).

L’autentica comunione ecclesiale si edifica soltanto nella carità. Occorre pertanto seguire l’esortazione di San Paolo ad essere «benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo … «camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (v.32). Il culto autentico attinge dalla liturgia la forza di una vita pura, onesta, laboriosa, servizievole, umile, gradita a Dio. Così, cari fratelli e sorelle, cresca nella carità anche la vostra Chiesa particolare.

Il Decreto della Congregazione per i Vescovi, di cui è stata data lettura pubblica all’inizio della nostra preghiera liturgica, dichiara le ragioni per le quali il Santo Padre ha accolto la richiesta della vostra Diocesi di proclamare Concattedrale questo tempio: «…provvedere nel modo più appropriato al bene spirituale del Popolo di Dio e di poter adempiere quanto più efficacemente al proprio ministero pastorale…». Queste espressioni rimandano al valore dell’unità nella carità del Popolo di Dio, di cui il Vescovo è custode e promotore, e di cui ogni Chiesa Cattedrale e ogni Chiesa Concattedrale sono segno visibile, soprattutto a motivo della presenza della Cattedra episcopale.

Dire Chiesa Cattedrale e dire Chiesa Concattedrale significa credere e vivere il nostro essere Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, unita intorno al Vescovo, successore degli apostoli, sacramento di Cristo Capo e Pastore. Questa Chiesa si manifesta visibilmente e concretamente nelle singole Chiese, “pellegrine nel mondo” (cfr Colletta).

La solenne elevazione a Chiesa Concattedrale di questo tempio, possa aiutare l’intera Comunità diocesana, raccolta attorno al suo Pastore, a crescere mediante il Vangelo e l’Eucaristia nella comunione, nelle fraternità, per testimoniare l’unità della fede, della carità e della speranza cristiana.

La Vergine Santissima, Assunta in Cielo, venerata da voi con speciale devozione e riconoscenza, sia per tutti mediatrice di ogni grazia spirituale.

Così sia.

 

 

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