Meditazione per la Veglia missionaria diocesana

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Missione come esilio, pellegrinaggio, esodo

Pico, 20 ottobre 2017

La Messe è molta

Il tema dell’ottobre missionario di quest’anno è davvero sorprendente: “Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! (Lc 10, 1-2). Per ben tre volte Gesù usa la parola “messe” (θερισμὸς). Il dato non può passare inosservato, e merita di essere interpretato. Il triplice richiamo è di grande consolazione perché delinea un contesto positivo: infatti, il termine “messe” indica l’abbondanza della raccolta di frumento, il tempo della mietitura, evoca sfumature di ricchezza e di abbondanza. A tutto questo, Gesù affianca l’aggettivo “molta”, per ricalcare la positività della metafora del campo coltivato.  Se il significato della metafora è positivo, la gioia per l’abbondanza della messe è però mitigata dalla scarsità degli operai. Gesù dichiara che il ricavato della mietitura, soddisfacente e gratificante per il padrone del terreno, può essere compromesso dalla mancanza di operai, con la conseguente impossibilità di compiere la preziosa opera di falciatura. Si rischia il fallimento dell’impresa, proprio nel momento cruciale del raccolto disponibile. Si impone la domanda: perché gli operai sono pochi? Non si tratta di una scarsità di natura numerica. Gli operai sono pochi perché poco capaci di uno sguardo profetico, perché miopi di fede, inesperti di autentico discernimento. Le nostre deludenti indagini sociologiche, i tristi calcoli statistici, le basse percentuali di numeri non rischiano di scoraggiare gli operai della messe, di restringere il campo visivo sull’opera di Dio nel mondo intero, e di far perdere la fiducia nella sua potenza salvifica?

Levate i vostri occhi 

Giova allora riprendere un brillante testo giovanneo, una provocazione suggestiva che Gesù rivolge ai suoi uditori: “Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: “Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato” (Gv 4, 35-36). Il contesto letterario nel quale Gesù pronuncia tali parole racconta il suo incontro con la donna di Samaria, presso il pozzo di Giacobbe, in Sicar. Gesù parla di campi che biondeggiano mentre si trova in una regione tradizionalmente ostile ai Giudei. Altri racconti evangelici dicono addirittura del rifiuto che i Samaritani oppongono a Gesù mentre stava per attraversare qualche loro villaggio. Gesù invece parla positivamente di una mietitura spirituale, di cui i samaritani che si avvicinano a Lui  sono la primizia (Gv 4, 30: “Uscivano allora dalla città e andavano da lui”). Stupenda sorpresa che nessuno dei suoi discepoli, anche tra i più vicini, aveva mai immaginato!

L’insegnamento del Maestro contesta i nostri rigidi calcoli matematici, rieduca alla fiducia e alla speranza riguardo al mondo e alla storia: “La speranza cristiana si basa sulla fede in Dio che sempre crea novità nella vita dell’uomo, nella storia e nel cosmo. Novità e sorprese. Il nostro Dio è il Dio che crea novità, è il Dio delle sorprese […] Non è cristiano camminare con lo sguardo rivolto verso il basso, senza alzare gli occhi all’orizzonte. Come se tutto il nostro cammino si spegnesse qui, nel palmo di pochi metri di viaggio; come se nella nostra vita non ci fosse nessuna meta e nessun approdo, e noi fossimo costretti ad un eterno girovagare senza alcuna ragione per tante nostre fatiche. Questo non è cristiano” (Papa Francesco,23 agosto 2017). E ai Catechesi, durante l’Udienza per il loro giubileo (25 settembre 2016), diceva: “Non siamo profeti di sventura che si compiacciono di scovare pericoli o deviazioni; non gente che si trincera nei propri ambienti, emettendo giudizi amari sulla società, sulla Chiesa, su tutto e tutti, inquinando il mondo di negatività. Lo scetticismo lamentevole non appartiene a chi è familiare con la Parola di Dio”.

L’invito perentorio del Maestro nel brano di Giovanni: “Levate i vostri occhi e guardate i campi …” ci stimola a saper guardare oltre, lontano, negli anfratti più remoti dell’umano, nelle pieghe silenti e umili della messe che abbonda di miserabili, malati, scartati, rifiutati, profughi, disabili, anziani, donne e bambini sfruttati…Gli operai della messe devono saper discernere la presenza del bene lì dove il seme della Parola, l’annuncio del Vangelo che è Gesù Cristo risorto, continua a farsi  “carne” nelle condizioni umane più impensabili e inesplorate (cfr Gv 1,14).

La missione è esodo, pellegrinaggio, esilio

Come diventare operai della messe che già biondeggia nel campo del mondo? Nel suo Messaggio per la Giornata missionaria mondiale, Papa Francesco indica tre condizioni spirituali per vivere positivamente la missione:

  • La missione della Chiesa è animata da una spiritualità di continuo esodo. Durante il suo esodo dall’Egitto, Israele riconosce tra tentazioni dubbi e fallimenti,  che alla guida del suo cammino c’è Dio che lo precede e lo accompagna. Una Chiesa, una parrocchia, qualunque  gruppo ecclesiale, quando è attanagliato dall’autoreferenzialità e vive chiuso in se stesso, non sa “uscire” per riconoscere il bene che Dio già compie nelle periferie del nostro mondo quotidiano.
  • La missione della Chiesa stimola un atteggiamento di continuo pellegrinaggio attraverso i vari deserti della vita. La spiritualità del pellegrinaggio ci educa a stare in mezzo agli altri, fare strada con loro,  condividere le gioie e le speranze, apprezzarne le fatiche e i sacrifici quotidiani.
  • La missione della Chiesa ispira un atteggiamento di continuo esilio. Si tratta di annunciare all’uomo di oggi che il bene compiuto da ciascuno non troverà realizzazione piena e definitiva su questa terra. La missione della Chiesa deve educare alla speranza che il bene che  potrà compiersi totalmente e definitivamente soltanto alla fine della storia.

                                                                                             + Gerardo Antonazzo

 

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