Basilica-Santuario di Canneto – Maria, tempio del signore

Carissimi amici,

l’otto marzo scorso abbiamo pregato in questa Basilica-Santuario per invocare la particolare protezione della Vergine Bruna di Canneto verso la quale un ampio territorio dell’Italia centrale da secoli esprime la sua radicata spiritualità popolare. Eravamo agli inizi delle restrizioni imposte dal Governo per l’emergenza da coronavirus Covid-19. Nei giorni successivi, il contagio cresceva in modo esponenziale, dimostrava la sua aggressività insidiosa, la situazione divampava e diventava drammatica soprattutto in alcune regione settentrionali del Paese. Eravamo ormai consapevoli di dover affrontare un nemico invisibile come in guerra, forse illusi di poterlo neutralizzare in tempi ragionevoli.

Oggi torniamo in questo luogo a noi tutti molto caro, per celebrare l’inizio del percorso spirituale del mese mariano. Come da consolidata tradizione la celebrazione odierna dà inizio, anche se in modalità inedite per l’assenza fisica di fedeli per la persistente emergenza da coronavirus, al crescente flusso annuale di fedeli, pellegrini e devoti che particolarmente nei mesi estivi si incamminano in pellegrinaggio verso la Valle di Canneto. Siamo ancora sottoposti alle restrizioni per frenare la diffusione del contagio. Preghiamo in diretta streaming; so che anche dal Molise e dall’Abruzzo molti pellegrini sono collegati con i mezzi di comunicazione per poter pregare insieme, ognuno intenzionalmente rivolto al volto di Maria, con la mente carica di ricordi, ferita dalla nostalgia dello sguardo della Madre. Nel cuore della catena montuosa che custodisce gelosamente la Valle di Canneto, invochiamo Maria, Stella del monte Meta, perché il silenzio assordante delle città deserte si trasfiguri in preghiera interiore carica di intensa fiducia nella sua materna presenza, premurosa vicinanza, amorevole sollecitudine.

Ho scelto per la celebrazione liturgica il formulario mariano di “Maria Vergine Tempio del Signore”. Lei insegna ad ogni famiglia a diventare “tempio” di Dio, luogo sacro che custodisce e vive del mistero di Cristo, Chiesa domestica. Il mistero del Tempio, prefigurato nella maestosa costruzione di Salomone, raggiunge il suo compimento in Cristo Gesù (cfr Gv 2,19-22), nel quale “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9). Teologo della divinità di Cristo, sant’Atanasio insegna: “Il Verbo di Dio, immateriale e privo di sostanza corruttibile, si stabilì tra noi, anche se prima non ne era lontano … Egli stesso si costruì nella Vergine un tempio, cioè il corpo e, abitando in esso, ne fece un elemento per potersi rendere manifesto” (Disc. Sull’incarnazione del Verbo, 8-9).  Dio abita anche nei cuori dei singoli fedeli: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? (…) perché santo è il tempio di Dio, che siete voi (1 Cor 3,16-17). Anche riguardo alla comunità cristiana si dice: “Voi siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù, nel quale ogni costruzione cresce in tempio santo, nel Signore” (Ef 2,19-21). Se la famiglia è Chiesa domestica, non può non essere “tempio di Dio”, quindi luogo dove si vive l’esperienza privilegiata di Dio. La comunità cristiana nel tempo del distanziamento dai luoghi abituali della preghiera liturgica si è riscoperta più solidale e partecipe. L’impedimento di celebrare la liturgia nelle chiese, ha fatto riscoprire un tesoro nascosto: la famiglia. È soprattutto su questo, cari amici, è necessario conversare, per capire come valorizzare e consolidare quanto la tragedia dell’epidemia ci sta fortunatamente restituendo, con la sua rilevanza non solo antropologica e sociale, ma anche cristiana.

La nostra preghiera celebra anche la gioia e la gratitudine per i semi di speranza che stanno germogliando nel tempo della pandemia. Abbiamo visto rifiorire il senso di appartenenza ad una grande comunità, le molteplici manifestazioni di prossimità, di servizio, di collaborazione, di volontariato, di sacrificio, di generosità senza misura. Abbiamo riscoperto la centralità della vita familiare, il suo insostituibile ruolo di accoglienza, di protezione, di tutela affettiva e psicologica. In questo tempo, la famiglia meglio di altri soggetti anche istituzionali ha svolto una preziosa funzione di “ammortizzatore sociale”. È cresciuta in particolare l’esperienza di fede in tante famiglie: la pratica religiosa, interrotta per la chiusura degli edifici sacri, è rifiorita nelle famiglie e tra le famiglie grazie alla fantasia e creatività di laici e presbiteri che hanno favorito in ogni modo il senso di vicinanza spirituale tra le persone, la partecipazione alla preghiera liturgica in diretta streaming, la preghiera mariana, la comunione spirituale, le catechesi con i ragazzi, i meeting con le coppie, ritiri spirituali, meditazioni, conferenze su argomenti sensibili, ascolto condiviso. Direi che la famiglia si è preso una bella rivincita, provocando una necessaria verifica e ripensamento della pastorale ordinaria, a volte ripetitiva e sclerotizzata in schemi forse obsoleti.

A partire soprattutto dal Concilio Vaticano II, abbiamo solcato decenni di riflessioni sulla famiglia, fiumi di parole, numerosi scritti, insegnamenti magisteriali, elucubrazioni accademiche, sinodi, convegni e celebrazioni di ogni genere con scarsi risultati sul piano della conversione pastorale nella giusta direzione. Abbiamo ricevuto una lezione efficace e concreta proprio dalla sofferenza della pandemia che costringe tutti noi a un forzato ritiro nelle nostre case. “Le celebrazioni sono sospese, molte Chiese sono chiuse ed è rischioso raggiungerle. Ci sentiamo soli, isolati ed è proprio in questo isolamento che lo Spirito ci suggerisce di riscoprire il sacramento del matrimonio, in forza del quale le nostre case, per la presenza costante di Cristo nella relazione consacrata degli sposi, sono una piccola Chiesa domestica”[1]. Ritengo finalmente irreversibile e quindi irreversibile la valorizzazione e la messa in atto del legame inscindibile tra Chiesa e Chiesa domestica: “La Chiesa di Cristo è veramente presente nelle legittime comunità locali dei fedeli … In queste comunità, sebbene spesso piccole e povere e disper­se, è presente Cristo, per virtù del quale si raccoglie la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”[2]. Ma il mistero della comunione della Chiesa arriva fino a rifletter­si e ad essere realmente partecipato, sebbene a suo modo, da quella piccola comunità che è la famiglia cristiana, dal Concilio chiamata “Chiesa domestica”[3].

Se il mistero delle relazioni trinitarie è la matrice prima, il modello sublime e la mèta suprema della comunione della Chiesa, di questo “popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo[4], anche la famiglia è indicata come riflesso del mistero della comunione della Trinità santa. La famiglia è icona della Trinità: significa riconoscere nel mistero della co­munione divina la sorgente, la meta e il mo­dello anche di ogni famiglia. La stessa indissolubilità del vincolo co­niugale rivela il grande mistero dell’amore di Cristo per la Chiesa. Conseguentemente l’amore degli sposi non è altro che un rifles­so dell’amore divino. È scuola di vita e di amore trinitario, e le ca­ratteristiche del sacramento nuziale- come l’indissolubili­tà e l’unicità del lega­me coniugale – sono orientate al bene della comunione tra tutti i componenti della famiglia. Tutto ciò che si muove nella direzione con­traria procura soltan­to tristezza e sofferen­za. Credo giusto e doveroso riconoscere che la presenza più diffusa e più capillare di ogni Chiesa particolare sul proprio territorio si realizza grazie alle singole comunità domestiche. L’intera Chiesa particolare si costituisce come “famiglia di famiglie”, vivificata dal ministero ordinato, arricchita da ministeri e carismi laicali, articolata in singole parrocchie. La “parrocchia” esprime e si pone al servizio pastorale della vita reale, della partecipazione e della corresponsabilità delle famiglie che la compongono. Il significato sacramentale della famiglia è prevalente rispetto al servizio pastorale della parrocchia, anche se quest’ultimo è necessario alla vita della Chiesa domestica. Della famiglia si può parlare “come di Chiesa domestica”[5], non così della parrocchia. L’azione pastorale della comunità parrocchiale a favore delle Chiese domestiche è tutta nella formazione alle tre dimensioni costitutive della Chiesa: la preghiera, la Parola e la carità (Atti 2 e 4). Di conseguenza, la famiglia santificata dalla grazia battesimale dei suoi membri e dalla sacramentale del matrimonio dei coniugi è abilitata a vivere anche al suo interno, in modo suo proprio, queste tre dimensioni costitutive della Chiesa. La comunità familiare impara a vivere tra le mura domestiche la celebrazione della preghiera, l’ascolto della Parola, il servizio della carità. L’esperienza molto sofferta della pandemia può essere riconosciuta come un “segno dei tempi” che ci ha restituito la centralità della famiglia come Chiesa domestica che impara ad offrire il culto spirituale di una vita santa, la fedeltà martiriale a Cristo, l’amore che si fa “carne” nella comunione con le altre famiglie, e soprattutto servizio alla “carne” di Cristo che sono i poveri e i malati.

La Vergine Bruna di Canneto, Tempio del Signore, benedica, indichi e sostenga la fede delle nostre famiglie nel loro cammino domestico di Chiesa viva, riunita nel nome del Padre misericordioso, del Figlio Gesù Cristo Parola di vita eterna, dello Spirito Santo Amore.

Gerardo Antonazzo

[1] K. FARREL, Osservatore Romano, 22 marzo 2020.

[2] Lumen Gentium, n. 26.

[3] Cfr. Lumen gentium, n. 11.

[4] Lumen gentium, n. 4.

[5] Catechismo della Chiesa Cattolica,

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