Ammissione agli Ordini di Danilo di Nardi e Carlo di Sotto

Cento volte di più

Ammissione agli Ordini di Danilo di Nardi e Carlo di Sotto

Basilica-Santuario Madonna di Canneto, 4 agosto 2019

La cronaca relativa alla divisione dell’eredità è particolarmente ricca di tristi racconti e strascichi molto dolenti nelle relazioni parentali. La conflittualità nella spartizione dei beni sembra non risparmiare nessun nucleo familiare. Nel vangelo, un tale mischiato in mezzo alla folla, pone la questione direttamente a Gesù, perché convinca il fratello a spartire equamente l’eredità.  Al Signore viene offerto un formidabile assist per un severo insegnamento circa il difficile rapporto con i beni materiali. L’interlocutore offre a Gesù la possibilità di cogliere la palla al balzo, sfruttando abilmente l’occasione favorevole: evitando di invischiarsi nella richiesta specifica, Gesù riporta la questione alla radice del conflitto, dimostrandosi ottimo educatore; non c’è che da imparare! Spiega che la vita della persona non trae né la sua origine né il suo successo dall’accumulo di beni materiali. Il termine pleonexìa esprime la volontà di ottenere tutto, solo per sé, e più degli altri. Gesù dichiara apertamente che bisogna guardarsi dalla cupidigia per non ammalarsi di inquietudine irreparabile, dannosa e inutile. E denuncia coraggiosamente l’illusione secondo la quale la riuscita dell’esistenza possa dipende dalla sola ricchezza materiale. Per confermare il suo insegnamento, Gesù racconta la parabola del grosso produttore agricolo. Il ricco proprietario si dice sicuro che i beni ingenti daranno soddisfazione a tutti i suoi desideri espressi nei verbi: riposati, mangia, bevi, divertiti.  Sembra uno slogan terribilmente attuale! La tragica ironia della parabola parla però della morte, metafora del fallimento, dal momento che la stessa notte gli viene richiesto quello che era solo un prestito: la vita. La vita, appunto: “La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!” afferma oggi l’apostolo (Col 3,1-3). Non è nascosta nei beni materiali, di qualsiasi genere. “Possedere”, non significa possedere la vita!

Carissimi Danilo e Carlo, la vita vera è come un tesoro nascosto: senza l’incontro con Cristo non comprendi né il senso vero né la giusta direzione della vita. Il tesoro vero della vita lo trovi e lo possiedi nell’incontro con Cristo risorto, il quale fa morire l’uomo vecchio per risorgere con Lui alla vita di Dio. L’uomo nuovo vive nella speranza delle “cose di lassù”. L’apostolo Paolo mette tutti in guardia da ogni forma di “cupidigia che è idolatria”. Nel vangelo Gesù è perentorio: “Tenetevi lontani da ogni cupidigia”. Oggi siete dinanzi al Signore, sostenuti e consolati dalla speciale maternità della Vergine Bruna di Canneto, per chiedere di essere ammessi tra i candidati all’ordine del diaconato e del presbiterato. La Chiesa oggi riconosce e conferma la fondatezza della vostra chiamata e benedice il vostro proposito. Dopo i primi anni di impegnativo e saggio discernimento vocazionale, desiderate consegnare la vostra vita totalmente nelle mani del Signore Gesù, perché nei prossimi tempi della vostra formazione possiate lasciarvi da Lui plasmare e a Lui conformare come suoi servi. Lasciate che la vostra risposta alla chiamata sia arricchita da Dio, unico e vero tesoro del cuore, sommo bene della vita, donata a Lui per il servizio ai fratelli. Imparerete a non vivere per voi stessi, ma per Lui e per quanti incontrerete nella missione che a suo tempo vi sarà affidata. Una vita donata non è una vita sprecata. Non è forse il dono di sé il vero bene che arricchisce la nostra esistenza? Non è questo l’investimento più redditizio presso la borsa del cielo, “dove né tarma né ruggine consumano”? (Mt 6,20). Per quale guadagno? “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19,29).

Carlo e Danilo, la scelta verso la quale vi orientate con l’eccomi che tra poco pronuncerete nella sincerità del cuore, si misura anche con la sublime espressione dell’apostolo Paolo: “Cristo è tutto e in tutti” (II Lettura). Se Cristo sarà tutto in voi, allora sarà anche in tutti! Se sarà il tutto della vostra vita, Lui sarà tutta la vostra vita, l’unica ragione al di sopra delle vostre umane ragioni, e oltre ogni umano ragionamento. Vedo, in questo, la prospettiva e allo stesso tempo la condizione ideale per l’esercizio del sacro ministero: “Per me infatti il vivere è Cristo” (Fil 1, 21). Per colui che è chiamato alla sequela totale del Maestro arricchire presso Dio significa lasciarsi riempire totalmente dal solo Signore, vivere di Lui e per Lui, e rendere presente Cristo in tutti con il servizio generoso del Vangelo. La centralità di Cristo non ammette alcuna forma di corruzione e di mondanità. Con il Rito della vostra Ammissione vi impegnate a rifuggire ogni forma di vanità e preoccupazioni inutili che affaticano il cuore, e nulla hanno a che fare con la formazione al ministero presbiterale. La tentazione della mondanità è insidiosa e sempre in agguato, e rischia di rosicchiare con il passare del tempo la generosità con cui oggi vi offrite al Signore e alla Chiesa. L’assuefazione e la routine, la ricerca di gratificazioni e di vantaggi, la bramosia di affetti e l’accumulo di interessi, rischiano di avvelenare i pozzi dei vostri iniziali slanci e progetti, per gettare nell’ansia di una inquietudine che rattrista lo Spirito e mortifica l’opera di Dio.

Con il Rito di ammissione sarete rivestiti di un segno esteriore, l’abito talare. Accogliete pertanto l’invito dell’apostolo: “Vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato” (Col 3,9-10). Svestirsi dell’uomo vecchio è un’operazione spirituale complessa, per nulla scontata. Rivestire l’uomo nuovo è la vera sfida che oggi dichiarate di accogliere esprimendo il vostro eccomi.

Carissimi, invito tutti pregare intensamente oggi, e incessantemente sempre, per le vocazioni sacerdotali, dono prezioso voluto da Signore al servizio del popolo santo di Dio. Oggi la Chiesa fa memoria di un grande testimone della sequela di Cristo, san Giovanni Maria Vianney. Un prete profondamente innamorato di Cristo, felicemente scarnito e solcato dal servizio alla piccola comunità di Ars. Amava dire: “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa concedere a una parrocchia, ed uno dei doni più preziosi della misericordia divina”. E della Vergine Maria affermava: “Tutto ciò che il Figlio chiede al Padre gli è concesso. Anche tutto ciò che la Madre chiede al Figlio le è accordato”.

Cari Carlo e Danilo, carissimi seminaristi, l’eccomi di Maria a Nazareth è tutta la sua vita, inizio e compimento della sua fedele missione materna. Dio chiede quanto Lei stessa non riesce a pienamente a comprendere, pur continuando a fidarsi di Lui. E’ questo il significato del suo dichiararsi serva del Signore. Oggi preghiamo perché così avvenga anche per voi.

+ Gerardo Antonazzo

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